giovedì 20 dicembre 2012

Strasburgo - I diritti dei minori binazionali e lo Jugendamt

Intervento al Parlamento europeo – 12 dicembre 2012 - Strasburgo[1]

Desidero innanzi tutto ringraziare gli organizzatori di questo incontro, l’on. Cristiana Muscardini (Vicepresidente della Commissione Commercio Internazionale), l’on. Niccolò Rinaldi (Europarlamentare ALDE Group) e l'Associazione CEDAW che hanno reso possibile questa mezza giornata di studio e che non si sono lasciati intimidire dalle pressioni giunte da chi non voleva che si parlasse di questo problema europeo. 
E ringrazio anche i traduttori del Parlamento Europeo che recentemente hanno smesso di tradurre la parola Jugendamt con “servizio sociale”, essendo questa una traduzione errata e fino ad ora impropriamente utilizzata. Questa traduzione genera confusione e non è l’unica, come ora vedremo.

JUGENDAMT
Jugendamt significa letteralmente “amministrazione per la gioventù”, ma ricopre incarichi, persegue finalità ed è dotato di un potere neppure lontanamente paragonabile a quello di un “servizio sociale”. Una amministrazione come quella della Jugendamt tedesco esiste solo in Germania e nei paesi di lingua tedesca. Il sito bavarese dello Jugendamt è già più preciso nel definirsi uno Staatliches Waechteramt, cioè un ufficio di controllo statale.
Controllo su cosa? Innanzi tutto andrà ricordato che in Germania non esiste un CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) e di fatto il controllo sui tribunali familiari è esercitato dallo Jugendamt che interviene in ogni causa nella quale è coinvolto un minore, non quale consulente del giudice, ma quale parte in causa, terzo genitore che detiene più poteri dei genitori naturali e può anche opporsi giuridicamente alla decisione del tribunale o impedirne l’esecuzione. Conseguenza di questo potere è che il giudice si attiene sempre a quanto chiede lo Jugendamt che, come vedremo, non persegue l’interesse superiore del minore, così come inteso negli altri paesi e dalle convenzioni.
Da anni il Parlamento europeo si occupa di questa istituzione che viola i diritti fondamentali di genitori e bambini. Nel 2009, a seguito di centinaia di Petizioni provenienti da tutta Europa, è stata aperta un’indagine ed è stato redatto un documento di lavoro (http://www.jugendamt-wesel.com/PETITION/Petition_Documento_lavoro_%20Parlamento_Europeo_Jugendamt_IT.pdf )
Nel 2011 un gruppo di Eurodeputati si è recato nuovamente a Berlino per avere risposte al problema Jugendamt. Dopo un’iniziale rifiuto di accogliere la delegazione, le autorità tedesche hanno preparato l’incontro con i loro specialisti che avrebbero fuorviato la realtà e sminuito il problema. leggiamo infatti nel resoconto. Vediamo come.
La giudice di Berlino Sabine Brieger afferma che lo Jugendamt interviene solo in casi di famiglie a rischio, così come previsto dal codice civile tedesco. Cito: “Il codice civile tedesco stabilisce che gli interventi in materia di diritti genitoriali da parte del tribunale della famiglia sono possibili solo se il bene  del minore è minacciato (abbandono, abusi, abusi sessuali) e i genitori non possono, o non vogliono, porre fine a tale situazione di rischio. In questi casi, qualora lo Jugendamt partecipi e venga ascoltato dal giudice, l'affidamento del minore può essere parziale o essere completamente sottratto al genitore, e il tribunale può emettere una sentenza riguardo alle visite assistite.” Per chi legge “qualora lo Jugendamt partecipi” sembra si tratti di una partecipazione ristretta a casi gravi e di provato pericolo per i minori.
Questa giudice fa riferimento al codice civile tedesco, ma omette di svelare che ci sono altri codici che ingiungono l’intervento dello Jugendamt, per es. il FamFG (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit), codice che regola i procedimenti familiari senza contraddittorio (e già questo dovrebbe far riflettere!) il cui articolo 162 recita “Il tribunale deve ascoltare lo Jugendamt nei procedimenti nei quali è coinvolto un minore”; inoltre il codice sociale tedesco che dedica tutto il libro VIII allo Jugendamt e stabilisce il suo intervento in ogni procedimento (ben diverso dunque da quel “qualora” di cui parla la giudice) in cui sono coinvolti i minori. Che l’intervento dello Jugendamt è quello del terzo genitore, cioè il genitore di Stato (e non come consulente del giudice), è scritto chiaramente in ogni sentenza dei tribunali familiari tedeschi, basta prenderne una caso e si leggerà che le parti in causa sono : padre, madre, Jugendamt. Ad ulteriore conferma del suo ruolo di genitore, anche lo Jugendamt ha diritto a presentare ricorso contro la decisione del giudice, si legge infatti (nelle Leistungen der Jugendhilfe) : Gegen die Beschlüsse steht dem Jugendamt ein eigenes Beschwerderecht zu. = “contro i decreti lo Jugendamt può presentare ricorso.” Personalmente ho visto a giugno di quest’anno la giudice della Corte d’Appello di Monaco implorare ripetutamente in aula lo Jugendamt di permettermi di incontrare i miei figli che erano nella stanza accanto.

KINDESWOHL
L’altro termine fondamentale, continuamente usato e citato nei codici tedeschi è il Kindeswohl. In Germania ogni decisione giuridica riguardante il rapporto di un bambino con i suoi genitori o con lo Stato e tutte le azioni di coloro che intervengono operando nell’ambito di questa giurisdizione, avvocati compresi, è guidata dal principio del  Kindeswohl tedesco. Il Kindeswohl o Wohl des Kindes, letteralmente il “benessere del bambino” o il “benessere attraverso il bambino” non può assolutamente essere tradotto con “interesse superiore del bambino” o con “benessere del bambino” se non si vuole indurre il lettore nell’errore di fargli comprendere che si tratti della nozione che esiste nelle nostre culture e la cui definizione è fissata nella Convenzione internazionale dei Diritti del Bambino (New York 1990) e precisamente assicurargli il contatto con entrambi i genitori, indipendentemente dalla loro cultura e dalla loro origine.
L’uso del termine Kindeswohl o Wohl des Kindes è la volontà del legislatore tedesco di mascherare un concetto politico per aggirare l’applicazione della citata convenzione. A controprova ricordiamo che esistono i termini tedeschi che traducono il concetto della Convenzione, l’interesse superiore del bambino è in tedesco das beste Interesse des Kindes, ma questa espressione non compare, né nei codici, né nelle decisioni dei tribunali tedeschi.
Il Kindeswohl va dunque interpretato nel senso politico di una comunità tedesca che, sotto l’autorità politica locale dello Jugendamt, si dichiara d’ufficio proprietaria di tutti i bambini sotto la sua giurisdizione e lascia l’incombenza della loro educazione e del loro mantenimento ai genitori biologici solo se questi ultimi corrispondono al buon ordine economico e sociale della comunità.
Pertanto un genitore non-tedesco che chiede il divorzio dal coniuge tedesco è immediatamente catalogato come una minaccia, un pericolo per l’interesse comunitario (Kindeswohlgefährdung) per il semplice fatto che non è tedesco e, per via della separazione, i bambini non saranno più sotto il controllo della comunità tedesca, rappresentata dal genitore tedesco. Nella pratica, tutti i genitori stranieri che si separano dal coniuge tedesco vengono sorvegliati e trattati come delinquenti, violenti o pazzi, senza che abbiano fatto alcunché e in totale mancanza di prove (tornerò poi sul principio di colpevolezza dello straniero).

LA RELAZIONE BAMBINO-STATO TEDESCO
Infatti anche se i genitori dichiarano in perfetto accordo tra loro di voler lasciare il territorio tedesco, lo Jugendamt sottrae loro i figli e se i genitori insistono nel volerli riavere, diventano oggetto di un MAE. Questo è assolutamente logico: portare un bambino al di fuori del territorio tedesco, indipendentemente dai diritti genitoriali detenuti ed esercitati,  mette in pericolo il “benessere prodotto dal bambino alla comunità dei Tedeschi” e pertanto lo Jugendamt deve intervenire sottraendo i minori il cui “bene” sarebbe quello di rimanere sul territorio tedesco, con tutti i vantaggi (economici, per il Volk tedesco) che questo comporta. L’importante è che resti in Germania, il fatto che perda i genitori è secondario. La relazione privilegiata non è quella bambino-genitore, bensì quella bambino-Stato tedesco. E’ la ragione per cui, in caso di separazione e di un genitore residente al di fuori della Germania, la giustizia familiare tedesca si attiva affinché i bambini perdano completamente la loro seconda lingua e cultura e tutta la famiglia non tedesca, in questo modo, anche un domani, il bambino cresciuto monolingue e senza rapporti con l’estero, non penserà più di lasciare la Germania. Il genitore non tedesco potrà al massimo vedere suo figlio in rare visite sorvegliate (dovrà pagare gli alimenti, fissati spesso non dal giudice ma dallo Jugendamt nell’ambito del provvedimento di Beistanschaft - contro il quale è stata presentata l’ennesima Petizione al PE (petizione n. 0979-2012) -, i viaggi e i suoi controllori), e dovrà imparare la lingua tedesca se vorrà tentare di comunicare con suo figlio, ma il minore non uscirà dalla Germania, neppure per una breve vacanza (il genitore straniero potrebbe rapirlo!). Il genitore non tedesco è infatti sempre un possibile rapitore per il fatto stesso di non essere tedesco e come tale viene trattato. In alcuni documenti si legge addirittura che : “poiché la madre tedesca ha sottratto il bambino (atto comunque non perseguibile in Germania!) è logico che il padre straniero voglia forse riprenderlo e quindi va trattato come possibile rapitore e pertanto sorvegliato”. In altri ancora si legge : “se la madre (straniera) non rinuncerà al progetto di tornare al suo paese natale (e il padre tedesco non ha chiesto la collocazione del minore), bisognerà tutelare i rapporti sociali del bambino sistemandolo in un istituto o presso una famiglia affidataria tedesca. Il bambino in questione aveva 18 mesi !

ASCOLTO DEL MINORE
Un’altra tecnica molto usata per aggirare le convenzioni e i regolamenti europei è l’ascolto del minore : le autorità tedesche ci dicono che il minore in Germania viene sempre ascoltato dal giudice, aiutato in questo dallo Jugendamt o da altra figura statale preposta a difendere il Kindeswohl, figura sulla quale tornerò tra poco. Anche in questo caso omettono di comunicarci (e fanno in modo che coloro che sanno, tacciano!) l’elemento più importante di queste audizioni e cioè che vengono svolte senza nessun tipo di garanzia, senza registrazione e senza la presenza delle parti (neppure dietro specchio unilaterale). Il genitore non riceve che un breve riassunto dell’audizione che non corrisponde necessariamente al vero (ad un’analisi attenta di queste relazione si nota la falsità delle affermazioni che si contraddicono tra loro : “il minore ha paura di essere rapito, vorrebbe andare dal genitore che lo rapirebbe”, ecc…). La casistica è chiara e anche in questo caso rileviamo due gruppi di esiti : se la madre è straniera o se il minore dice di volersi trasferire all’estero, sarà sufficiente aggiungere “il bambino die di voler andare all’estero perché così vuole la mamma” per invalidare le sue dichiarazioni; se il bambino è piccolo basterà chiedergli se ha degli amici all’asilo e allora questi amici verranno considerati più importanti del genitore straniero per confermare la sua perfetta integrazione tedesca (i rapporti sociali in Germania di un bambino di 3 anni sono sempre più importanti del rapporto con il genitore straniero, in base al principio del Kindeswohl che tutela, come spiegato più sopra, il rapporto Stato-bambino); se il bambino rifiuta contatti troppo frequenti con il genitore tedesco è perché quello straniero lo ha manipolato, se il bambino rifiuta i contatti con il genitore non tedesco, bisognerà invece rispettare la sua volontà, ecc…I bambini vanno costretti se rifiutano di incontrare con molta frequenza il genitore tedesco, va invece rispettata la loro volontà se rifiutano di incontrare quello straniero.

VERFAHRENSBEISTAND (ex Verfahrenspfleger)
L’altra figura di controllo statale che interviene a supporto dello Jugendamt e del Kindeswohl, ma il cui ruolo viene egregiamente dissimulato grazie ad una semplice traduzione, è quella del Verfahrensbeistand (già Verfahrenspfleger) Il Beistand è il supporto al procedimento che ha come finalità il Kindeswohl, cioè l’eliminazione del genitore non tedesco; questo viene fatto tradurre come “avvocato del bambino”, mentre si tratta di un tutore-ad-litem, che interviene non in caso di decadimento della potestà genitoriale, bensì per la durata del procedimento, fino a quando non si è raggiunto lo scopo perseguito dallo Jugendamt e anche se i genitori sono in possesso di tutti i loro diritti. In questo modo il genitore straniero si trova opposto non solo l’ex coniuge, ma lo Jugendamt e il Verfahrensbeistand. Qualsiasi affermazione a suo discredito fatta dallo Jugendamt verrà confermata dal Verfahrensbeistand  e viceversa. Non importa se detta affermazione è di per sé improbabile (per es. considerazioni sulla conoscenza del bambino dell’altra lingua, anche se il Verfahrensbeistand parla solo tedesco, considerazioni sulla discriminazione che subirebbe un bambino italo-tedesco in una scuola italiana, ecc…), essa serve a costruire i motivi che nella realtà non esistono per allontanare il genitore non tedesco o che risiede all’estero.

PERIZIE e BINDUNGSTOLERANZ
Quando non si riescono a costruire velocemente le accuse contro il genitore non-tedesco, il sistema di giustizia familiare tedesco opta per la “psicologizzazione” del procedimento, sarà cioè uno psicologo nominato dal tribunale a fornire al giudice gli elementi per sentenziare in favore del genitore tedesco. Anche questa non è l’affermazione di alcuni genitori in cerca di vendetta perché hanno perso i figli, o la folle teoria di associazioni che da anni attaccano lo Jugendamt, questo lo scrive lo Jugendamt stesso al giudice, per esempio affermando: “le motivazioni esistenziali della madre fanno apparire inevitabile il suo trasferimento a Milano con i bambini … quindi ordiniamo una perizia” (!).
Tutte le perizie familiari binazionali si basano su un unico concetto, la Bindungstoleranz, ovvero “tolleranza del legame”. Quale legame? Il traduttore è costretto a completare la frase per darle un senso compiuto e traduce “tolleranza del legame (aggiungendo) dei bambini con l’altro genitore” e questo è falso. Si tratta della tolleranza, cioè dell’accettazione a venire fissati sul suolo tedesco, a crescere i figli per conto della comunità dei Tedeschi che “controlla l’operato dei genitori” (cito dalla Grundgesetz). Anche questo è confermato dai documenti redatti dai cosiddetti esperti tedeschi. Il genitore tedesco che, si legge nella perizia, parla male dell’altro davanti ai figli e si concentra nella guerra contro il coniuge è comunque dotato di illimitata tolleranza del legame (lui è tedesco!) mentre il genitore straniero è sempre, indipendentemente da ogni fatto e dalle ottime capacità genitoriali evidenziate nella stessa perizia tedesca, dotato di limitata tolleranza. In pratica si arriva a leggere che il genitore tedesco è un cattivo genitore, ma è dotato di “illimitata tolleranza del (non meglio specificato) legame, mente il genitore straniero, anche se descritto come un ottimo genitore, è dotato di “limitata tolleranza del legame”. Con questa chiave di lettura, la perizia ha una sua logica ineccepibile: il genitore tedesco è più propenso a rimanere in Germania e a crescere i figli secondo la mentalità tedesca, parlerà con loro in tedesco e si sottometterà, perché a sua volta così culturalmente educato, al volere dell’autorità tedesca in senso lato. Il genitore non tedesco, per via della sua lingua e della sua cultura, non può offrire tutte queste garanzie. Qui se il tribunale tedesco colloca il minore presso il genitore tedesco perché dotato di illimitata tolleranza del legame, il giudice straniero penserà che si tratta del genitore che meglio favorisce i rapporti con entrambi, in realtà si tratta proprio del contrario, si tratta del genitore che cancella l’altro a favore della crescita tutta e solo tedesca del minore, per conto della comunità dei Tedeschi.

LA CURA GENITORIALE
Non ho scritto a caso “crescere i figli per conto della comunità dei Tedeschi che controlla l’operato dei genitori”; questo non solo è riportato nei codici tedeschi, ma è confermato dai termini usati per definire i diritti genitoriali. Vediamo come il codice civile tedesco definisce la elterliche Sorge, termine tradotto erroneamente come potestà genitoriale. Come già per “l’interesse superiore del bambino” esiste in tedesco la traduzione di “potestà genitoriale” (elterliche Gewalt), traduzione che però non si trova in nessun testo giuridico. Il codice infatti non parla di Gewalt, cioè non parla di un diritto, ma solo di un dovere, della “cura” che i genitori devono prodigare ai figli nel farli crescere sotto il controllo della comunità dei tedeschi. Anche questo è logico e coerente con quanto riportato più sopra: se i genitori crescono i figli per conto della comunità dei tedeschi e sotto il controllo della comunità stessa, è logico che non godranno di un diritto, ma di un dovere.
Allo stesso modo la Germania firma convenzioni e regolamenti basati sul concetto di affido, correntemente tradotto con Sorgerecht (diritto di cura), mentre in nessuno dei suoi codici viene definito  questo diritto, che in Germania proprio non esiste. Così facendo, si traspongono i regolamenti EU e le convenzioni in una giurisdizione che non prevede e non definisce i concetti sui quali si basano detti regolamenti e che dunque vengono interpretati in Germania in modo diverso a seconda del caso in cui sia la madre o il padre ad essere non tedesco, nel rispetto di quanto perseguito dalla legge tedesca, il Kindeswohl. Infatti, come ci ripete continuamente la Commissione europea, la Germania applica il diritto tedesco e non quello dell’Unione, quindi stravolge i regolamenti europei, basandosi su traduzioni distorte all’occorrenza, in modo assolutamente deutsch-legal.

CRIMINALIZZAZIONE del genitore straniero
(Oggetto della Petizione n. 1060-2012 al Parlamento Europeo)
Basandosi sugli stessi principi e sullo stravolgimento linguistico, il genitore straniero viene sistematicamente criminalizzato, perché per il codice penale tedesco portare un bambino al di fuori della giurisdizione tedesca, indipendentemente dai diritti genitoriali detenuti e esercitati, è un crimine. L’articolo 235 del codice penale tedesco recita : “E’ punito con la pena detentiva fino a cinque anni o con un’ammenda chi sottrae o trattiene una persona minore di anni 18 con la forza, la minaccia o l’inganno, o un bambino senza esserne parente, ai genitori, a un genitore, al tutore o al curatore legale. Allo stesso modo è punito chi sottrae un bambino ai suoi genitori , a uno dei genitori, al tutore o al curatore legale per portarlo all’estero  o lo trattiene all’estero dopo avercelo condotto o dopo che questo ci è andato”.
A differenza dunque del codice penale italiano o degli altri paesi europei, non si parla di diritti genitoriali, ma solo di uscita dal territorio tedesco. Infatti è ben diverso l’enunciato “chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”. Le conseguenze di questa piccola precisazione mancante sono tragiche, conducono in carcere dei genitori assolutamente innocenti.
A questo si aggiunge il fatto che l’articolo funziona a senso unico, portare cioè un bambino dall’estero in Germania, anche in violazione dei diritti genitoriali dell’altro genitore, non è un crimine e non è dunque passibile di azione penale. Abbiamo la conferma scritta di questo dalla procura di Amburgo. Il trasferimento lecito, per il diritto europeo, dalla Germania all’estero diventa rapimento, mentre il rapimento dall’estero in Germania diventa un’azione legale e più precisamente deutsch-legal. L’apertura dell’inchiesta penale farà si che nella causa civile il genitore non tedesco perderà tutti i suoi diritti, cancellandolo completamente dalla vita di suo figlio. L’inchiesta penale non porterà mai all’apertura di un procedimento perché finché il genitore straniero è all’estero resterà aperta l’inchiesta (5 anni, prorogabile di altri 5). Il genitore che risiede all’estero sa ormai che non può cercare di avvicinare i suoi figli e se cerca di far valere le sue ragioni e soprattutto evidenziare le menzogne che lo accusano finirà innanzi tutto in prigione. Nel frattempo è stato così fornito al tribunale civile, a mezzo della via penale, il motivo per togliere ogni diritto sui propri figli al genitore straniero.
L’articolo 235 del cp precisa anche che “Il tentativo è passibile di pena  nei casi previsti ai paragrafi 1, comma 2 e 2, comma 1”. Per tentativo di intende anche esternare la propria intenzione di trasferirsi all’estero, o il solo fatto di non escluderlo. Le procure tedesche ci confermano per iscritto, comunicando a genitori non tedeschi residenti all’estero (insieme ai figli e in ottemperanza alle decisioni civili del proprio paese), che esistono fascicoli penali a loro carico per l’accusa di “sospetto rapimento di minore”.
Un altro modo per criminalizzare il genitore straniero ed impossessarsi di tutti i suoi beni è il provvedimento amministrativo della Beistandschaft (ved. la petizione n. 0979-2012 riportata in post separato), provvedimento che trasforma il genitore straniero in “debitore nei confronti dello Stato tedesco” (e non dell’ex coniuge), provvedimento contro il quale non esistono vie di ricorso né in Germania né all’estero e le cui decisioni vengono applicate dalle giurisdizioni straniere credendo che si tratti di decisioni giuridiche rese nelle forme previste del contraddittorio.
Nel 2012 la Germania ha iniziato ad emettere Mandati di Arresto Europeo (cioè un tipo di mandato di arresto creato a seguito degli atti terroristici dell’11 settembre e finalizzato a combattere la grande criminalità organizzata) contro i genitori che si rifiutano di finanziare la germanizzazione dei propri figli.
A quando il mio prossimo arresto ?






[1] Sono inoltre intervenuti : on. Erminia Mazzoni (Presidente Commissione Petizioni), on. Roberta Angelilli (Vicepresidente del Parlamento europeo e mediatore per le sottrazioni internazionali dei minori), on. Nathalie Griesbeck (membro della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni - ALDE Group), on. Philippe Boulland (commissione Petizioni e capo delegazione per la verifica a Berlino della situazione Jugendamt), Flo Clucas (Presidente ELWN Comitato femminile dell'ALDE), avv. Gragory Thuan e Manuel Sarno (Prof. di Cooperazione internazionale, Facoltà di Giurisprudenza - Università di Ferrara), dott.ssa Sara Vatteroni (Membro ELWN, Responsabile Democrazia Paritaria Italia dei valori).





* * * En français * * *


Strasbourg 12.12.2012, Parlement européen :
« Les droits des enfants binationaux et le Jugendamt » [1]



Le détournement linguistique

Je désire avant tout remercier les organisateurs de cette rencontre, Madame la députée européenne Cristiana Muscardini, vice-présidente de la Commission du commerce international, Monsieur le député européen Niccolò Rinaldi, du groupe ALDE et l’association CEDAW qui ont rendu possible cette demi-journée d’étude et qui ne se sont pas laissés impressionner, ni  ont cédé aux pressions exercées par ceux qui ne voulaient pas qu’on parle de ce problème européen.
Je remercie aussi les traducteurs du Parlement Européen qui ont arrêté de traduire le mot « Jugendamt » par « service social » ou « DDASS », car c’était une traduction erronée qu’on a utilisée jusqu’à maintenant en commettant une grave erreur. Cette traduction créait une confusion que les Allemands ont exploitée jusqu’à aujourd’hui, comme nous le verrons plus tard.

JUGENDAMT
Le mot « Jugendamt » signifie littéralement « administration pour la jeunesse ». Mais il a des tâches  et poursuit certains objectifs sans aucune comparaison avec un service social. Une administration comme celle du Jugendamt allemand existe uniquement en Allemagne et dans les pays de langue allemande.
Le site bavarois du Jugendamt est déjà plus précis quand il se définit lui-même comme Staatliches Wächteramt, ce qui signifie « administration de contrôle étatique ».
Contrôle de quoi ?
Il faut avant tout rappeler qu’il n’existe pas de conseil supérieur de la magistrature (CSM) en Allemagne et dans les faits, les tribunaux aux affaires familiales sont contrôlés par le Jugendamt qui intervient dans toutes les affaires où il y a au moins un enfant. Il n’intervient pas avec un conseil, ou une aide visant à alléger le travail du juge, mais il est partie prenante au litige. Il est en fait le « troisième parent » de l’enfant et c’est le parent qui a beaucoup plus de droits sur l’enfant que les parents naturels.
Le Jugendamt peut s’opposer juridiquement à la décision du tribunal et peut interdire la mise en exécution de la décision du tribunal lorsqu’elle est contraire à sa volonté.
Nous le verrons, le Jugendamt ne cherche pas à garantir l’intérêt supérieur de l’enfant tel qu’on le conçoit dans les autres pays, dans les conventions internationales, dans les règlements et selon le droit européen.
Le Parlement enquête depuis maintenant plusieurs années sur cette institution qui viole les droits fondamentaux des enfants et de leurs parents. En 2009, suite à des centaines de pétitions qui provenaient de plusieurs pays membres de l’Union européenne, une enquête a été ouverte et un document de travail a été publié que vous pourrez consulter sur Internet à l’adresse  http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2F%2FEP%2F%2FNONSGML%2BCOMPARL%2BPE-418.136%2B04%2BDOC%2BPDF%2BV0%2F%2FFR .
En 2011, une délégation de députés européens s’est rendue à Berlin pour obtenir des réponses au problème du Jugendamt. Les autorités allemandes ont d’abord refusé d’accueillir cette délégation, puis elles ont préparé une rencontre avec leurs spécialistes qui ont bien évidemment déformé et interprété les faits et la réalité à leur manière pour essayer de faire croire qu’il n’y avait finalement aucun problème. C’est ce que nous pouvons constater en lisant le dernier document de travail qui a été récemment publié et que nous allons analyser pour montrer comment ils s’y sont pris.
La juge à Berlin Sabine Brieger prétend que le Jugendamt intervient uniquement dans des affaires où des familles mettent la vie de leurs enfants en danger, conformément au code civil allemand. Effectivement, le code civil allemand dispose que « le Jugendamt ne peut intervenir dans les affaires familiales que lorsque le bien-être de l’enfant est en danger (si l’enfant est battu, victime d’abus sexuels, etc…) et si les parents ne veulent pas ou ne sont pas en mesure de mettre fin à une telle situation. Dans ce cas, si le Jugendamt prend part à la procédure et si ses recommandations sont suivies par le juge, le droit de garde de l’enfants peut partiellement ou totalement être retiré aux parents et l’enfant peut être confié à un tiers. Le tribunal peut aussi ordonner des visites surveillées. »
Lorsque nous lisons « si le Jugendamt prend part à la procédure et si ses recommandations sont suivies par le juge…», nous supposons qu’il arrive que le Jugendamt ne prenne pas part à la procédure et qu’il intervient seulement pour des cas très graves. De même, on peut supposer que le juge ne suit pas toujours les recommandations du Jugendamt.
Mais ce que ne dit pas la juge qui se réfère au code civil allemand, c’est qu’il existe d’autres codes qui disposent que le Jugendamt doit toujours intervenir dans toutes les affaires familiales. Par exemple, le code FamFG (Gesetz über das Verfahren in Familiensachen und in den Angelegenheiten der freiwilligen Gerichtsbarkeit), ce code qui dans la pratique règle les procédures familiales sans contradictoire (cela devrait déjà nous faire réfléchir…) dispose dans son article 162 que « le tribunal doit suivre les recommandations du Jugendamt dans les procédures dans lesquelles des enfants sont concernés ».
Par ailleurs, le code social allemand dispose très clairement, dans son livre VIII qui ne traite que du Jugendamt, que le Jugendamt doit intervenir dans toutes les procédures où des mineurs sont concernés. Ce qui est en contradiction avec ce que nous dit la juge de Berlin et ce qui est écrit dans le code civil allemand.
Nous pouvons également constater que le Jugendamt intervient en tant que troisième parent (parent étatique) et non pas en tant que conseiller ou expert du juge dans tous les arrêts ou ordonnances des tribunaux aux affaires familiales allemands où nous pouvons clairement lire que les parties en cause sont la mère, le père et le Jugendamt.
En outre, pour confirmer ce rôle de parent étatique, on lit que le Jugendamt peut présenter un recours contre la décision du juge. C’est ce qui est écrit dans les Leistungen der Jugendhilfe (Les prestations de l’aide à la jeunesse) :  « le Jugendamt peut présenter un recours contre les ordonnances du juge. » (Gegen der Beschlusse steht dem Jugendamt ein eigenes Beschwerde Recht zu).
En juin 2012, j’ai personnellement vu pendant l’audience la juge du tribunal de Munich supplier le Jugendamt pour qu’il me permette de voir mes enfants qui se trouvaient dans la salle d’à côté.

KINDESWOHL
En Allemagne, toutes les décisions juridiques relatives aux relations entre les enfants, leurs parents et l’État, mais également toutes les actions de tous les intervenants dans le domaine des affaires familiales, y compris les avocats sont guidées par le concept du Kindeswohl allemand.
Le Kindeswohl ou Wohl des Kindes signifie littéralement « bien-être des enfants ». Mais il s’agit plutôt du « bien-être au travers de l’enfant ».
Sous peine de faire une erreur, ce terme ne doit pas être traduit par « intérêt supérieur de l’enfant » tel qu’il est perçu par tous les autres pays membre de l’Union européenne autres que l’Allemagne et les pays de langue allemande.
L’intérêt supérieur de l’enfant, tel qu’il est défini dans les conventions internationales comme la Convention des droits de l’enfant de New York de 1990 s’entend comme la nécessité de garantir à l’enfant un contact, une relation stable avec ses deux parents, indépendamment de leur culture ou de leur origine.
En revanche, le terme de Kindeswohl ou Wohl des Kindes traduit la volonté du législateur allemand de masquer un concept politique qui détourne la finalité de cette convention.
En effet, en Allemand, la traduction exacte du concept de « l’intérêt supérieur de l’enfant » est das beste Interesse des Kindes. Mais cette expression n’apparaît nulle part dans les lois allemandes, ni dans les décisions des tribunaux allemands.
Le Kindeswohl doit donc être interprété dans le sens politique d’une communauté allemande qui, sous l’autorité politique locale du Jugendamt, se déclare d’office propriétaire de tous les enfants qui se trouvent sous sa juridiction et laisse la charge de leur éducation aux parents biologiques uniquement si ils correspondent au bon ordre économique et social de la communauté allemande.
Dès lors, un parent non allemand qui se sépare de son conjoint allemand est immédiatement identifié comme une menace, un danger pour l’intérêt de la communauté. On parle alors de Kindeswohlgefärdung que représente ce parent, par le simple fait qu’il n’est pas allemand ; ne pas être allemand, ne pas penser allemand, parler une autre langue que l’allemand, avoir une Weltanschauung qui n’est pas celle des Allemands, signifie être  une menace pour son enfant parce qu’ on est une menace pour le bien être de la communauté des Allemands au travers de l’enfant. Ainsi, lors d’une séparation, il y a effectivement un risque que l’enfant ne se trouve plus sous le contrôle de la communauté allemande qui est représentée par le parent allemand.
Dans la pratique, tous les parents étrangers qui se séparent d’un parent allemand sont surveillés, traités comme des délinquants, des violents, des fous, sans qu’ils aient fait quoi que ce soit et surtout sans aucune preuve.

LA RELATION ENFANT-ÉTAT ALLEMAND
Même si les parents déclarent d’un commun accord qu’ils désirent quitter le territoire allemand, le Jugendamt leur enlève leurs enfants et si les parents persistent à essayer de récupérer leurs enfants, ils feront l’objet d’un Mandat d’Arrêt Européen (MAE) .
Cela est la conséquence de l’application du concept de protection du Kindeswohl : indépendamment des droits parentaux acquis et exercés, sortir un enfant hors du territoire allemand met en danger le bien-être de la communauté allemande produit par l’enfant. De ce fait, le Jugendamt doit intervenir en enlevant les enfants dont le bien-être serait de rester sur le territoire allemand, avec tous les avantages, surtout économiques, que cela apporte au peuple allemand.
Le plus important est que l’enfant demeure en Allemagne et ce n’est pas important s’il perd ses parents. La relation à privilégier n’est pas la relation entre l’enfant et ses parents, mais la relation entre l’enfant et l’État allemand.
C’est la raison pour laquelle, lors d’une séparation, si l’un des parents ne réside pas en Allemagne, tout le système de la « justice familiale » allemand s’active pour que les enfants perdent complètement leur langue, leur famille et leur culture non allemande . Ainsi, avec une seule langue -la langue allemande- et sans aucun contact à l’étranger, une fois adulte, ils ne penseront pas à quitter l’Allemagne. Le parent non allemand pourra, dans le meilleur des cas, voir son enfant de manière sporadique durant des visites surveillées (il devra payer ses voyages, ses contrôleurs et la pension alimentaire, dont le montant est souvent fixée par une décision non pas du juge, mais du Jugendamt avec la mesure de la Beistandschaft, mesure contre laquelle nous avons présentée une Pétition jugée recevable par le Parlement européen (Pétition n. 0979/2012), il devra apprendre la langue allemande s’il veut pouvoir communiquer avec son enfant qui, de toute façon, ne quittera jamais l’Allemagne avec lui (on le soupçonne de planifier son enlèvement).
Comme il vient d’être dit, le parent non allemand sera toujours considéré comme un parent rapteur potentiel par le fait même qu’il n’est pas allemand et on s’adressera à lui comme à un rapteur éventuel. Dans un document qui nous a été confiés par un parents non allemands on a pu lire par exemple que « la mère ayant enlevé son enfant (ce qui n’est pas un crime en Allemagne lorsque le parent est allemand), il est logique de penser que le père étranger tentera de reprendre son fils, pour cela il faudra le surveiller et le traiter comme un rapteur potentiel. »
Dans un rapport d’expertise qui nous a été communiqué par une maman non allemande, il est écrit que « si la mère persiste à vouloir retourner dans son pays et si le père ne demande pas la garde de son enfant, il faudra protéger les rapports sociaux que l’enfant entretient et donc le mettre dans un foyer ou dans une famille d’accueil. » Cet enfant était âgé de 18 mois !

AUDITION DE L’ENFANT
L’audition de l’enfant est une autre technique très employée pour détourner la finalité des conventions internationales et des règlements européens.
Les autorités allemandes affirment qu’en Allemagne, l’enfant est toujours entendu par le juge qui est aidé dans cette audition par le Jugendamt ou par un autre fonctionnaire d’État dont nous reparlerons plus tard et dont la mission est également de  défendre le Kindeswohl. En revanche, les autorités allemandes se gardent bien de préciser que ces auditions se déroulent à huis clos sans la présence des parties, que l’audition n’est pas enregistrée et qu’il n’y a aucune garantie de la véracité des propos de l’enfant qui sont rapportés. Ces rapports sont d’ailleurs très très courts et on se rend souvent rapidement compte qu’ils ne reflètent pas la réalité de l’audition par les contradictions qu’on peut y lire d’une ligne à l’autre.
En résumé, on constate qu’il y a deux types de rapports d’audience :
Si la mère est étrangère ou si l’enfant dit qu’il veut aller vivre à l’étranger, il sera ajouté dans le rapport d’audition que l’enfant a dit qu’il voulait aller vivre à l’étranger parce que c’est sa mère qui le veut. Ainsi toute validité aura été retirée aux affirmations de l’enfant. Si l’enfant est en bas âge, on lui demandera plutôt si il a des amis à la crèche et ses amis seront considérés comme beaucoup plus importants que le parent étranger et on confirmera la parfaite intégration de l’enfant dans son milieu social allemand. En effet, toujours en s’appuyant sur la notion de Kindeswohl qui gouverne la relation  État allemand-enfant, les rapports sociaux qu’un enfant âgé de 3 ans peut entretenir en Allemagne sont toujours beaucoup plus important que la relation qu’il entretient et pourrait garder avec son parent étranger.
Si par contre, l’enfant refuse de voir trop souvent son parent allemand, alors on dira que c’est le parent étranger qui l’a manipulé. Si en revanche, l’enfant refuse de voir trop souvent son parent non allemand, on dira qu’il faut respecter sa volonté.

VERFAHRENSBEISTAND (ex Verfahrenspfleger)
Un autre personnage étatique, qui s’occupe du contrôle des tribunaux, qui soutient le Jugendamt et protège le Kindeswohl, est le Verfahrensbeistand (Verfahrenspfleger avant la réforme de 2009). Le Beistand aide dans la procédure et a pour finalité le Kindeswohl au sens allemand, tel qu’il a été expliqué précédemment et non pas au sens des conventions et traités internationaux. C’est-à-dire qu’il a la tâche d’éliminer le parent non allemand de la vie de l’enfant.
Mais Verfahrensbeistand ou Verfahrenspfleger est traduit par « avocat de l’enfant », encore un détournement linguistique ! Il s’agit d’un tuteur ad litem (souvent il n’est pas du tout avocat) qui n’intervient pas seulement lorsque les parents n’ont plus de droits sur leurs enfants, mais qui intervient dans toute la procédure (on le répète : même si les parents n’ont pas été déchus de leur autorité parentale), jusqu’à ce que l’objectif du Jugendamt soit atteint : éliminer le parent étranger de la vie de l’enfant.
Ainsi, le parent étranger ne se trouvera pas uniquement opposé à son ex conjoint. Il devra aussi se défendre contre le Jugendamt et le Verfahrensbeistand Toutes les affirmations négatives du Jugendamt seront systématiquement confirmées par le Verfahrensbeistand et réciproquement. Il n’y a aucune importance si ces affirmations sont vraies, elles serviront à construire les raisons, les motifs qui n’existent pas dans la réalité, pour éloigner le parent non allemand ou le parent allemand qui réside à l’étranger de son enfant.

Les EXPERTISES PSYCHOLOGIQUES et la BINDUNGSTOLERANZ
Lorsqu’on ne parvient pas à construire rapidement des accusations contre le parent non allemand, le système de justice familiale allemand choisit la voie de la psychologisation de la procédure. Un psychologue est alors nommé par le tribunal pour fournir les éléments qui permettront au juge de statuer en faveur du parent allemand.
Il ne s’agit pas là non plus d’une affirmation de quelques parents qui cherchent à se venger parce qu’on leur a retiré leurs enfant, ni d’une théorie complètement folle d’associations qui attaquent le Jugendamt depuis des années, c’est le Jugendamt même qui l’écrit quand, par exemple, il communique au juge (je cite): « Du point de vue juridique, les raisons existentielles de la mère font apparaître inévitable son déplacement à Milan avec les enfants. Il faut donc ordonner une expertise. » (!)
Toutes les expertises psychologiques réalisées sur des familles binationales s’appuient sur un seul concept, la Bindungstoleranz c’est-à-dire « la tolérance du lien », mais de quel lien ?
Lorsqu’un traducteur se trouve devant une telle locution, afin que sa traduction ait un sens, il doit la compléter par quelque chose. C’est ce qu’il fait en tenant compte du contexte. Il ajoute tout naturellement «  des enfants avec l’autre parent ». Ce qui donne « la tolérance du lien des enfants avec l’autre parent ». Bien entendu, cette traduction est erronée. L’utilisation volontaire de cette expression incomplète doit être comprise comme « la tolérance, l’acceptation d’être fixé sur le sol allemand, élever ses enfants au profit de la communauté allemande qui contrôle le comportement des parent. » (comme le précise la Grundgesetzt, la loi fondamentale, c’est-à-dire la Constitution provisoire allemande). Donc, il ne s’agit pas là non plus d’une théorie fantaisiste. Tout cela se confirme également à la lecture des rapports rédigés par ces « experts psychologues » allemands. On remarque rapidement en parcourant ces rapports d’expertise, que le parent allemand qui dénigre en permanence l’autre parent devant l’enfant et qui se concentre sur la guerre contre son ex conjoint est toujours doué d’une « tolérance du lien » illimitée (uneingeschränkte Bindungstoleranz). En revanche, le parent étranger dont il aura été préalablement souligné qu’il a tous les comportements d’un parent tout à fait apte à éduquer son enfant sera déclaré comme doué d’une « tolérance limitée du lien » (eingeschränkte Bindungstoleranz). Ainsi, une fois intégré ce que signifie réellement « être tolérant ou intolérant du lien », un rapport d’expertise qui au départ pouvait sembler complètement insensé, pleine de contradictions devient immédiatement très clair et très logique dans ses conclusions. Le parent allemand qui veut rester sur le sol allemand, qui respecte « l’ordre allemand » et qui élèvera ses enfants selon la mentalité et l’ordre allemand sera toujours tolérant du lien.
En revanche, le parent étranger, à cause  de son origine, de sa langue et de sa culture ne peut pas offrir de telles garanties. Il est donc « intolérant du lien ». Par définition.
Ainsi, lorsqu’un juge étranger lit une décision allemande et qu’il voit que le parent allemand, contrairement au parent étranger, est tolérant du lien, il pense que le parent allemand est très bien, puisqu’il favorise le lien du parent étranger avec son enfant, alors que c’est exactement le contraire. En créant une confusion naturellement favorisée par l’idée véhiculée par le terme de « tolérance du lien » chez les juges et les autorités des autres pays, l’Allemagne viole systématiquement les droits fondamentaux de tous les citoyens européens, viole les droits énoncés par la Charte européenne des Droits fondamentaux, la Convention des Droits de l’enfant de New York ou la Convention Européenne des Droits de l’Homme et surtout se moque éperdument de ses partenaires avec qui elle construit l’Union européenne basée sur des relations de confiance, en poussant ainsi (par les détournements) les politiciens des autres pays à accuser leurs propres concitoyens plutôt que de réclamer des explications aux Allemands.

LE SOIN PARENTAL
Nous avons précédemment affirmé qu’en Allemagne, les parents élèvent et éduquent leurs enfants au profit de la communauté allemande qui contrôle les actes et le comportement des parents ; ce soin dont il nous parle le code allemand est confirmé  par les termes utilisés pour la définition des droits parentaux.
Le code civil allemand utilise le terme elterliche Sorge. La traduction de cette locution par « droit parental » est également erronée.
Comme nous l’avons déjà vu pour le terme « intérêt supérieur de l’enfant », il existe également une traduction exacte pour « autorité parentale » qui est elterliche Gewalt.
Curieusement, on ne retrouve pas cette traduction dans les textes de lois allemands. Le code civil ne parle pas de droit (Gewalt), mais de devoir, de soins que les parents doivent aux enfants pour les élever sous le contrôle de la communauté allemande.
C’est d’ailleurs encore tout à fait cohérent et logique. Si les parents élèvent leurs enfants au profit et sous le contrôle de la communauté allemande, il ne s’agit pas d’un droit, mais bien d’un devoir envers cette communauté.
Il en va de même pour le terme Sorgerecht. L’Allemagne ratifie des conventions et des règlements européens dont l’idée directrice est la « garde », traduction erronée de Sorgerecht, alors que la définition de ce droit qui n’existe quasiment pas en Allemagne, n’apparaît dans aucun des codes allemands.
Ainsi, des conventions qui s’appuient sur un concept qui n’existe pas en Allemagne sont appliquées, mais interprétées différemment selon la situation, c’est-à-dire selon le père ou la mère est le parent non allemand, pour servir le concept exclusivement allemand qu’est le Kindeswohl.
C’est d’ailleurs la Commission Européenne elle-même qui répète régulièrement (http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2010-2998&language=IT ) que l’Allemagne applique le droit allemand et non pas le droit de l’Union européenne. L’Allemagne détourne ainsi la finalité des règlements et poursuit le Kindeswohl de manière apparemment légal, mais plutôt « deutsch-légal ».

CRIMINALISATION DES PARENTS ETRANGERS
(Ce thème a fait l’objet d’une pétition auprès de la Commission européenne enregistrée sous le n° 1060-2012 qui a déjà été déclarée recevable).
En utilisant le même procédé de détournement linguistique, le parent étranger est systématiquement criminalisé.
En effet, selon le code pénal allemand, déplacer un enfant hors de la juridiction allemande constitue un crime, indépendamment des droits parentaux des parents.
C’est ainsi que l’article 235 du code pénal allemand dispose que « est passible d’une amende et/ou d’une peine d’emprisonnement d’une durée maximum de 5 années, celui ou celle qui enlève au parent, au tuteur ou au curateur légal, ou séquestre une personne âgées de moins de 18 ans ou un enfant, par la force, la menace ou la ruse. ». Il en va de même lorsque l’enfant a été enlevé et conduit à l’étranger ou lorsqu’il est retenu à l’étranger après y avoir été conduit ou que celui-ci s’y soit rendu volontairement.
Contrairement aux codes pénaux des autres pays membres de l’Union européenne, (article 227-5 et suivants du code pénal français, article 574bis du code pénal italien, le droit parental ou l’autorité parentale n’y est jamais mentionnée, seule la sortie du territoire est évoquée dans l’article 235 du code pénal allemand. Les conséquences de l’absence de cette précision qui paraît anodine sont tragiques et conduisent des parents innocents en prison. A cela, il faut ajouter que l’article du code pénal allemand précité ne fonctionne que dans un sens. C’est-à-dire que déplacer illicitement un enfant de l’étranger vers l’Allemagne ne constitue pas un crime selon le code pénal allemand et il n’y aura aucune poursuite pénale dans ce cas de figure. Le parquet de Hambourg a d’ailleurs bien confirmé cette théorie et chaque avocat ou juriste honnête vous le confirmera. En résumé : le déplacement licite selon le droit européen d’un enfant de l’Allemagne vers l’étranger devient un enlèvement. En revanche, l’enlèvement (déplacement illicite) d’un enfant de l’étranger vers l’Allemagne constitue un acte légal, c’est-à-dire, « deutsch-legal » .
L’ouverture d’une enquête pénale aura ensuite pour conséquence que le parent non allemand se verra retirer tous ses droits parentaux et sera écarté de la vie de son enfant lors de la procédure civile presque toujours concomitante. L’enquête pénale n’aboutira jamais à une procédure tant que le parent étranger reste à l’étranger. Elle restera ouverte pendant une durée de 5 années renouvelables. Dès lors, le parent étranger qui réside à l’étranger ne pourra plus jamais essayer d’approcher ses enfants et si il tente de faire valoir ses droits ou de dénoncer les injustices qu’il a subies, il sera emprisonné. Entre-temps, on aura donné toutes les motivations nécessaires au tribunal des affaires familiales pour retirer au parent étranger tous ses droits sur ses enfants.
L’article 235 du code pénal allemand dispose également que tenter d’enlever un enfant dans les conditions décrites précédemment est aussi punissable dans les cas prévus au paragraphe 1, alinéa 2, phrase 1. Ainsi, constitue une tentative d’enlèvement le fait de faire savoir qu’on va ou qu’on a l’intention ou le projet de déménager dans un autre pays . Les parquets allemands nous l’ont confirmé par écrit. Des parents étranger qui résident hors d’Allemagne, conformément aux décisions des tribunaux de leurs pays, nous ont communiqué des documents qui prouvent qu’il existe à leur encontre des enquêtes pénales avec pour accusation la suspicion de l’intention d’enlèvement d’enfants.
Une autre méthode de criminaliser un parent étranger consiste à lui prendre tout son patrimoine avec la mise en œuvre de la mesure de la Beistandschaft (pétition auprès du PE, recevable, n° 0979-2012).
Cette mesure transforme le parent étranger en débiteur, non plus du parent allemand gardien de l’enfant, mais de l’État allemand. Il n’existe aucune voie de recours en Allemagne ou à l’étranger contre cette mesure. Par ailleurs, les juges des pays de résidence du parent étranger vont simplement exécuter les décisions qui proviennent des autorités allemandes en pensant que ces décisions résultent d’un procès équitable qui a notamment respecté le principe de la procédure contradictoire, alors que ce n’est pas le cas.
Depuis 2012, l’Allemagne émet des Mandats d’Arrêt Européens (MAE) contre tous les parents qui refusent de financer la germanisation de leurs enfants, alors que ce mandat d’arrêt a été institué après les attentats du 11 septembre pour faire face au terrorisme et lutter contre la criminalité organisée. Nous, les parents auxquels l’Allemagne a volé les enfants, allons donc bientôt être  traités de criminels et nous retrouver tous en prison.



[1] Intervenants : on. Erminia Mazzoni (Présidente Commission Pétitions), on. Roberta Angelilli (Vice-présidente du Parlement européen et médiateur déplacements d’enfants), on. Nathalie Griesbeck (membre de la commission libertés civiles, justice, affaires internes - ALDE Group), on. Philippe Boulland (Commission Pétitions et délégation à Berlin à cause du problème Jugendamt), Flo Clucas (Présidente ELWN et ALDE), Me. Grégory Thuan et Me Manuel Sarno (Prof. de Coopération internationale, Faculté de Jurisprudence – Université de Ferrara), Sara Vatteroni (Membre ELWN, Responsable Democrazia Paritaria Italia dei valori).

Nessun commento:

Posta un commento