giovedì 28 novembre 2013

Tanti casi, un solo indiscusso colpevole .... ovvero ... i bambini prigionieri in Germania.








Alla Commissaria On. Viviane Reding
e ai membri del suo gabinetto Markus Zalewski, Viviane Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite

All’on. Roberta Angelilli
e ai suoi collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori

All’On. Erminia mazzoni, presidente della Commissione petizioni

Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On. Niccolò Rinaldi, On. Patrizia Toia


 26.08.2013



Ogg.: sistema familiare tedesco (Jugendamt+Tribunali)




Gent.li Eurodeputati e membri della Commissione europea


Mentre tutti sono o stati in ferie e anche i nostri figli probabilmente lo sono, noi, i genitori non-tedeschi, non sappiamo neppure dove i nostri ragazzi si trovino, non sappiamo con chi sono, cosa fanno, cosa sentono.

Non sto parlando solo del mio caso di mamma, ritenuto l’unico genitore idoneo ad occuparsi dei figli, ma colpevole di aver scoperto che lo Jugendamt si era messo d’accordo anticipatamente con il mio ex, tedesco, per costruire i procedimenti in tribunale a suo favore e così cambiare la collocazione dei figli e i relativi diritti su di loro. Per avere rese note queste modalità della giustizia familiare tedesca, sono stata presentata, trattata e condannata come una criminale. Al momento ci sono ancora sette processi in corso, un vero e proprio stalking giudiziario. Oltre a perseguire nella costruzione di un altro motivo per farmi nuovamente incarcerare, si sta mettendo in atto, con la collaborazione del tribunale di Milano, la finalità strettamente collegata alla sparizione dei bambini in Germania: il trasferimento di ogni bene, mobile ed immobile, mio e della mia famiglia, dall’Italia alla Germania. Sono quasi tre anni che non vedo i miei figli.

Il vero tema, ormai lo sappiamo, non è quello del divorzio, ma quello del genitore non tedesco che rappresenta per sua natura un pericolo per il Kindeswohl dei tedeschi (=benessere della comunità dei tedeschi), quello di ogni lingua e cultura non tedesca che, in quanto tale e per quello che rappresenta, va cancellata. Il tema è quello della germanizzazione dei nostri figli, fenomeno che non potremo chiamare altrimenti fino a quando le autorità tedesche non ci daranno la possibilità di farlo, cioè non ci mostreranno con azioni concrete che non è questa la finalità da loro perseguita. Ad oggi, tutte le prove e i documenti confermano le nostre affermazioni, i nostri figli vengono germanizzati con procedimenti solo apparentemente legali.

Desidero pertanto richiamare alla Vostra attenzione altri casi, alcuni conosciuti, ma completamente irrisolti ed altri attualmente in corso e che non possono più essere ignorati.

Mi riferisco alla piccola Irene, bambina nata e cresciuta felicemente nel sud dell’Italia con i suoi genitori. La famiglia si è trasferita in Germania per lavoro e credendo di dare un futuro ai propri figli. Il risultato è stata l’appropriazione della bambina e di tutti i diritti su di lei da parte dello Jugendamt tedesco, appena trascorsi i sei mesi di residenza sul suolo tedesco che attribuivano pertanto, in forza del RE 2201/2003, la competenza giurisdizionale al sistema familiare tedesco (Jugendamt e tribunale). Sono due anni che la bambina si trova in un istituto e da sedici mesi non ha più nessun tipo di contatto con i suoi genitori. Le terribili false accuse contro i genitori usate per sottrarre loro la bambina si sono rivelate poi, per ammissione delle stesse autorità tedesche, completamente infondate, ma i genitori ormai non hanno più nessun diritto sulla piccola. Stando ai documenti, ai test e alle relazioni, questa bambina, sana, equilibrata e felice fino a quando ha vissuto in Italia, sarebbe diventata “handicappata mentale” (cito testualmente) al passare la frontiera. La prima richiesta (2012) del console generale d’Italia ad Hannover di affidare la bambina ai servizi sociali italiani è rimasta senza risposta, la seconda sarebbe andata “persa” e per la terza siamo ancora in attesa di una risposta che, guarda caso, tarda ad arrivare. La bambina porta allo Jugendamt entrate per quasi 5.000 euro al mese.

Penso anche al figlio di Massimo che, a tutela del Kindeswohl dei tedeschi, non potrà più avere neanche i rari, sporadici quanto assurdi contatti di 24 ore in totale in un intero anno con il genitore italiano. Il tribunale tedesco ha infatti disposto una perizia che in 90 pagine illustra come l’unico interesse del genitore tedesco (qui la madre) sia quello di allontanare il bambino da suo padre e presentargli altri figure in sostituzione di questa (Sozialvater), pertanto il bambino si trova sotto stress e per evitargli questo stress la soluzione è interrompere ogni tipo di contatto con il padre in Italia, nominare una persona tedesca (in questo caso uno psicologo esperto in dipendenze!) sconosciuta al bambino che andrà a trovarlo e manderà ogni sei settimane informazioni al vero padre. Per arrivare a questa decisione, molte migliaia di euro hanno varcato la frontiera, con destinazione Germania. Superfluo precisare che anche questa assurda modalità sancita dall’ultimo decreto di informare il genitore in Italia a mezzo di uno sconosciuto non è stata messa in pratica. Il genitore non tedesco deve pagare e tacere o, ancora meglio, scomparire proprio. Con lui scompare tutta la famiglia italiana, la lingua e la cultura.

Penso ai bambini di Jacy, l’avvocata brasiliana, che si è recata due anni fa in Germania per far trascorre ai bambini una lunga vacanza con il padre dal quale lei si era separata quando tutta la famiglia viveva in Brasile. Lo Jugendamt le ha sottratto bambini e passaporti accusandola di avere l’intenzione di rapirli e portarli in Brasile, cioè il luogo di residenza abituale. Sono due anni che questi bimbi hanno perso la mamma. Varie migliaia di euro sono entrate nelle casse tedesche per procedimenti farsa del tribunale, procedimenti nei quali un genitore non tedesco può solo perdere poiché rappresenta intrinsecamente un pericolo per il Kindeswohl.

Penso alla figlia di Enzo il quale, separatosi dalla compagna spagnola in Spagna, ha potuto continuare ad essere un buon padre fino al giorno in cui la donna ha conosciuto un tedesco e ha sottratto la bambina portandola in Germania. A tutela del Kindeswohl, il tribunale tedesco ha deciso che questa bambina italo-spagnola non deve più avere nessun tipo di contatto con suo padre. La sottrazione è ovviamente diventata un atto di legalità tedesca.

Mi chiedo se i figli di Lionel, due bambini franco-tedeschi in Germania, sanno che il loro papà non li ha dimenticati, che continua a cercare in Internet le loro foto e scopre ogni volta quello sguardo vuoto e rassegnato che contraddistingue tutti i nostri figli. Dopo essersi lamentato con lo Jugendamt del fatto di non sapere più nulla dei propri figli da anni, chiedendo retoricamente se fosse questo il Kindeswohl al quale lavora lo Jugendamt, quest’ultimo gli ha risposto che avrebbe potuto smettere di pagare solo se avesse ricevuto il certificato di morte dei suoi figli. La Germania ha richiesto l’incarcerazione e l’estradizione di Lionel per mancato pagamento degli alimenti.

Caroline ha due figli, un maschio e una femmina, ma solo uno vive in Francia. Il padre tedesco voleva soltanto la bambina e dunque lo Jugendamt e poi il giudice hanno affermato che, essendo piccoli, non erano fratelli da molto e li si poteva dunque separare (sie sind noch nicht lange Geschwister, die kann man schon trennen) e hanno poi così deciso. Pur di germanizzare la figlia, il genitore tedesco (qui il padre) ha ridotto e poi annullato ogni contatto con la ex compagna e il figlio, rinunciando lui stesso a incontrarlo.

Alain è doppiamente pericoloso. Infatti, quando la sua compagna ha sottratto la figlia, il tribunale tedesco ha ugualmente negato l’affido a lui, in quanto non solo genitore non tedesco, ma anche cieco e pertanto handicappato. Subito dopo le visite sono state però sospese perché una chiamata anonima avrebbe avvisato dell’intenzione di questo padre cieco di rapire la bambina. Dopo che migliaia e migliaia di euro sono passati dalla Francia alla Germania, Alain è riuscito a convincere della sua innocenza e ottenere incontri centellinati con sua figlia; ma non può uscire per strada con lei perché è cieco e dunque non in grado di gestire la situazione, può invece prendere taxi-treno-aereo per andare in Germania, anche se è cieco. La bimba, che non può mai andare a trovare la famiglia in Francia, dopo solo un anno di germanizzazione, gli ha detto: “Io sono tedesca e ho una sola lingua. Parlare in francese fa venire il mal di testa”.

La figlia di Joel non ha mai visto suo padre che solo per lei è rimasto in Germania. Joel era con noi all’incontro con il gabinetto della Commissaria Reding nel luglio di quest’anno. Ha dettagliatamente spiegato la farsa dei procedimenti giuridici tedeschi, ha ricordato come egli ha perso tutti i gradi di giudizio perché la Germania non riconosce i suoi diritti naturali di padre motivando con il fatto che “il genitore tedesco (qui la madre) non vuole parlare con lui”, dunque non c’è dialogo fra i genitori, dunque non gli si può riconoscere né affido condiviso, né responsabilità genitoriale. Ovviamente deve pagare la germanizzazione di sua figlia, efficientemente assicurata da pignoramenti sul suo conto corrente, pignoramenti che sono -questi sì- messi in pratica con incredibile celerità.

A mio nome chiedo azioni CONCRETE per la liberazione dei miei figli dalla germanizzazione cui sono sottoposti da anni, così come lo richiedono gli altri genitori menzionati.

A nome dell’Associazione C.S.IN. di cui faccio parte quale responsabile nazionale dello Sportello-Jugendamt e delle Organizzazioni associate Free Marcel e Enfants Otages chiedo al Parlamento e alla Commissione europea la risposta definitiva al quesito che poniamo da anni:

Le istituzioni europee sono intenzionate e sono in grado di ristabilire i diritti fondamentali dei nostri e di altre centinaia di migliaia di bambini ostaggio delle autorità tedesche, o stanno prendendo tempo a fianco di queste stesse autorità incriminate, in attesa che si compia la definitiva germanizzazione e la nostra distruzione fisica, psicologica ed economica?

O forse le istituzioni europee vorrebbero sostenerci, ma non sono in grado di farlo per via dei regolamenti che loro stesse ci hanno imposto? La Commissione europea ci ripete da anni che il diritto di famiglia è diritto nazionale e pertanto non di competenza della Commissione; ma chi ha firmato i regolamenti che impongono il riconoscimento senza exequatur delle sentenze tedesche, appunto di diritto di famiglia, cioè di quel diritto che impone in tutta l’Europa la visione nazionalistica e xenofoba tedesca?

L’Europa ci impone un diritto che lei stessa giudica “difforme” da quello degli altri Stati e poi si dichiara impossibilitata ad intervenire sulle conseguenze che sono inequivocabilmente violazioni dei diritti fondamentali e dei minori. Questo non è più ammissibile.

Il RE 2201/2003 prevede nelle disposizioni finali, articolo 65, capo VII: “Al più tardi il 10 gennaio 2012 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, una relazione sull'applicazione del presente regolamento, corredata se del caso di proposte di adeguamento”. Ormai l’adeguamento è d’obbligo; l’Europa non può imporre ai suoi cittadini, tramite il regolamento, un diritto che non controlla e che non è conforme a quello degli altri Stati. Il riconoscimento delle decisioni tedesche va SOSPESO fino a quando non si sarà davvero realizzata l’armonizzazione tra le diverse giurisdizioni!

Non si tratta di poche decine di bambini figli di genitori separati, ma di migliaia e migliaia di vite, del nostro futuro e dell’economia di una Europa che si sta consegnando alla Germania, perdendo sempre più credibilità tra i suoi cittadini, a partire da noi stessi genitori che eravamo l’esempio pratico di questo credo: credevamo di aver messo al mondo i cittadini europei del futuro, bilingui e biculturali e ci ritroviamo, senza possibilità di essere contraddetti, genitori di bambini tedeschi a noi completamente estranei, allevati nella paura e nel disprezzo per tutto ciò che non è tedesco.


Resto in attesa di un Vostro riscontro, celere ed esaustivo e colgo l’occasione per porgere distinti saluti


Dott.ssa Marinella Colombo
A nome e per conto anche degli altri genitori citati
e delle Associazioni
C.S.IN – Free Marcel – Enfants Otages





                          

venerdì 8 novembre 2013

I furti deutsch-legal e la cecità della Commissione europea

L’on. Angelilli ha presentato interrogazione scritta alla Commissione sul tema della “sottrazione di minori e mandato di arresto internazionale”, sollevando dubbi sul rispetto dei diritti fondamentali e soprattutto di quelli dei minori nell’ambito dell’utilizzo di questo mezzo penale nei procedimenti civili.

La risposta della Commissione conferma il furto deutsch-legal dei bambini operato dalla Germania e denunciato da più parti ormai da una decina d’anni.


Di seguito la risposta della Commissione:


La Commissione ha rafforzato sia i diritti procedurali degli indagati, definendo disposizioni specifiche per il procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo (MAE), sia la protezione delle vittime nei procedimenti penali.
Sono già state adottate due direttive(1) ed è stato concordato il testo di una direttiva relativa al diritto di accesso a un difensore nel procedimento penale. Sono in corso anche i lavori relativi alle garanzie procedurali per i minori e le persone vulnerabili, all’assistenza legale e alla presunzione di innocenza

Conseguenze pratiche: per i genitori non-tedeschi, vittime di iniqui Mandati d’arresto tedeschi/europei non vengono tutelati.


La decisione di promuovere un’azione penale in materia di sottrazione dei minori è una questione di diritto interno.

Conseguenze pratiche: la Germania emette sempre il mandato d’arresto (provv. penale) per fare in modo che il procedimento civile, sia in Germania che all’estero, si concluda sempre a favore del cittadino (madre o padre) tedesco e nessuno può opporsi perché questo è conforme al diritto interno tedesco!
L’Italia non emette mai il mandato d’arresto contro il cittadino tedesco che sottrae un minore perché la sottrazione e la separazione sono oggetto di procedimenti civili.


Qualora siano soddisfatti i criteri di emissione del MAE, gli Stati membri possono utilizzarlo per avviare un procedimento penale. Mentre un indagato beneficia di tutte le garanzie procedurali disposte nelle misure di cui sopra, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha confermato che, come nel caso dei mandati d’arresto nazionali, gli Stati membri non sono tenuti ad avvisare un indagato dell’emissione di un MAE(2-mandato d’arresto europeo).

Conseguenze pratiche: il genitore non-tedesco che ha lasciato la Germania in tutta legalità europea con i suoi figli, scopre di essere oggetto di un MAE quando viene arrestato e tradotto in prigione, perdendo così, attraverso la via penale, i figli che con lui/lei avevano legalmente lasciato la Germania.


Nell’ottobre del 2012, è stata adottata una direttiva sui diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato(3). Essa richiede esplicitamente che tutte le autorità competenti adottino un approccio rispettoso delle esigenze del minore, che consideri innanzitutto l’interesse superiore del minore. Essa prevede, inoltre, diritti procedurali specifici, sostegno e misure di protezione per le vittime minorenni nei procedimenti penali.

Conseguenze pratiche: poiché per le autorità tedesche “l’esigenza del minore” è quella di crescere in Germania, farlo rimpatriare mandando in prigione il suo genitore non-tedesco, risponde a un “approccio rispettoso delle esigenze del minore” che quando si trova al di fuori della giurisdizione tedesca si trova sempre, per i tedeschi, in stato di pericolo.


L’avvio di un procedimento penale può, in talune circostanze, portare ad un rifiuto di riportare indietro il minore.

Conseguenze pratiche: nel caso contrario, quando il minore è stato portato illecitamente in Germania, le autorità tedesche “si ricordano” di questa direttiva e non rimandano il minore nella Stato della sua residenza abituale perchè “potrebbe essere in corso un procedimento penale a carico del genitore tedesco”


Molte autorità centrali sconsigliano alle istituzioni di ricorrere a tali procedimenti. La Central Authority Practice Guide, in conformità alla convenzione dell’Aia del 1980, stabilisce che l’impatto di un’azione penale per sottrazione di minori sulla possibilità di ottenere il ritorno del minore dovrebbe essere considerato dalle autorità giudiziarie per avviare, sospendere o ritirare le accuse.

Conclusioni pratiche: i minori si muovono solo in un senso, ogni trasferimento verso la Germania è legale (cioè deutsch-legal), ogni trasferimento al di fuori della Germania è sempre, indipendentemente dalle condizioni giuridiche di partenza, illegale.
Fonte: