mercoledì 31 dicembre 2014

E così abbiamo perso tutto, la ragione dell'esistenza .... i nostri figli!

L'Italia, incapace di rimpatriare i propri minori portati illecitamente all'estero, arriva persino a perseguitare i genitori italiani che denunciano gli illeciti, che si trovano a fronteggiare, completamente soli, lo Stato tedesco e che per questo vengono criminalizzati dalle loro stesse autorità.
Nel caso dei figli della dott.ssa Colombo, colpevoli solo di essere binazionali, la squadra mobile di Milano è stata mandata in Slovenia a prelevare "in incognito" i bambini, anziché denunciare la loro presenza al di fuori del territorio italiano alle autorità straniere, come previsto dalla Legge!

Qui sotto un estratto del verbale della deposizione giurata in tribunale di uno dei poliziotti probabilmente costretti a compiere questa azione ignobile:







































Con la deportazione dei bambini in Germania, la cancellazione della loro lingua madre, la sparizione definitiva dalla loro vita del genitore e della famiglia italiana, abbiamo perso tutto.
L'Italia ha perso tutto.
Ha perso il dovere che le era proprio di tutelare due minori, ha perso due dei suoi cittadini, ha perso un pezzetto del suo futuro e soprattutto, fin d'ora, ha perso in dignità.

giovedì 18 dicembre 2014

Natale




Non servono altre parole perché ai nostri figli sono state negate anche quelle, tutte le parole che non sono in tedesco.

sabato 13 dicembre 2014

Solo e sempre tedesco!

La direttiva della CSU tedesca sulle lingue

Ordine per gli immigrati di usare la lingua tedesca anche a casa!
Il Bayerischer Rundfunk ha pubblicato il 7 dicembre 2014 un articolo dal titolo “La CSU [ndr. Christlich-Soziale Union in Bayern, il partito gemello del partito di Angela Merkel, la CDU, Christlich Demokratische Union Deutschlands] appoggia le direttive linguistiche - Nonostante le forti critiche la CSU è ferma sulle controverse direttive linguistiche per gli immigrati: gli immigrati devono parlare tedesco non solo nei luoghi pubblici, ma anche a casa, in famiglia! Il segretario generale della CSU non vede alcun motivo per rinunciare alla pretesa che gli immigrati parlino tedesco anche in famiglia”.


L’articolo procede con le dichiarazioni di altri politici. “L’approvazione arriva dal Presidente della Commissione interna del Bundestag, Wolfang Bosbach che dichiara al giornale Bild am Sonntag: Le conoscenze linguistiche sono importantissime per avere buone possibilità di integrazione. Perciò è importante che si parli in tedesco con i bambini anche a casa”.

Queste affermazioni sono emblematiche della manipolazione e della distorsione che in terra germanica si riesce a fare di ogni principio. Si parte dalla vera e incontestabile affermazione che l’integrazione passi per la lingua, per arrivare a imporre quanto di più assurdo e inumano si possa pensare, la cancellazione della lingua madre, la lingua dei sentimenti e delle proprie radici. Un uomo senza radici è un uomo senza identità; è un uomo che mai potrà integrarsi, ma verrà facilmente assimilato. La Germania, in preoccupante calo demografico dal secondo dopoguerra, si impossessa sistematicamente - dalla riunificazione, cioè dal momento del ritiro delle istanze di controllo - dei bambini stranieri e binazionali. E li assimila. Ne fa dei tedeschi. Lo fa dagli anni 90 e ora, come tristemente in altri ambiti, motiva, giustifica e legalizza ciò che è già in essere.

Inoltre, ciò che non ci dicono, ma che ogni linguista potrà confermare, è che parlare con i propri figli una lingua che non si padroneggia e soprattutto che non è la madrelingua, cioè quella che si è usata nella comunicazione familiare fino al giorno prima dell’ingresso in Germania, porta a conseguenze devastanti per i bambini, sia sul piano scolastico che psichico. E’ come se i genitori erigessero un muro tra sé e i propri figli. Inoltre, gli inevitabili errori grammaticali dei genitori verranno trasmessi ai figli che, una volta iniziata la scuola, avranno grossi problemi di rendimento e integrazione.
Questo però è voluto, questo è l’obbiettivo a cui si punta quando si vuole mantenere una società a classi sociali ben divise e distanti: i figli degli immigrati non continueranno le scuole, ma andranno ad ingrossare le fila dei manovali non specializzati e sottopagati. Questa non è un’affermazione personale, ma del relatore ONU Vernor Muñoz sulle scuole tedesche e senz’altro da me condivisa.

Le critiche riportate dall’articolo, sia interne che dell’opposizione, non attaccano la proposta nel merito, ma solo nella difficoltà del controllo, “Quale guardiano dovrebbe controllare?” (Volker Beck, portavoce dei Verdi), “Adesso mettiamo videocamere nelle cucine?” (Martin Neumeyer, deputato CSU del Landtag) e confermano così l’affermazione precedente su manipolazione e distorsione che avviene in tutti gli ambiti.
Quando si sarà trovato il modo di installare le videocamere in ogni salotto o cucina, tutto sarà perfettamente legale, anzi deutsch-legal.

Marinella Colombo
Giornalista della European Press Federation
9 dicembre 2014

Articoli citati:
http://www.br.de/nachrichten/csu-integration-sprache-100.html

Germanofilo o germanofobo?










Traduzione dell'articolo pubblicato il 10 dicembre 2014 dall’Associazione Enfants Otages (http://www.enfants-otages.eu/index.php/it/in-francia/132-germanophile-ou-germanophobe )


Soltanto qualche mese fa, le critiche alla Germania e al suo governo erano rare e chi osava denunciarne la politica e l’atteggiamento nei confronti dei suoi partner veniva immediatamente tacciato di essere germanofobo (https://www.youtube.com/watch?v=LK4N9T-ej8Y). Indipendentemente dalle evidenze e dalla verità dei fatti denunciati, bisognava comunque ammirare la Germania e il suo modello economico e sociale.

Oggi, per fortuna, la tendenza si è invertita e coloro che insistono nel volerci far credere che la Germania è formidabile hanno ormai qualche difficoltà a tenere a freno una certa germanofobia, quella fondata, suscitata dall’arroganza e dalla sufficienza dei dirigenti tedeschi sempre impegnati a dar lezioni e che possiedono anche la fastidiosa tendenza a pensare che ciò che vogliono loro coincida con ciò che tutta l’Unione europea deve volere.

Quanto a noi, genitori dei bambini-ostaggio, che eravamo “più europeisti di così si muore” e ovviamente anche “più germanofili di così si muore”, siamo stati considerati a lungo come genitori che, incapaci di accettare le decisioni dei tribunali, passano il tempo a cercare di screditare la Germania, affermando di essere stati umiliati, discriminati e maltrattati. Questa etichetta ci era talmente appiccicata addosso che non potevamo neppure raccontare la nostra vita di europei non-tedeschi in Germania, né parlare della realtà economica tedesca e sociale così come la vivono i tedeschi.

Questa inversione di tendenza ci rallegra. Non certo per sete di vendetta, ma perché, una volta dissacrata la Germania, l’Unione europea dovrebbe potersi infine occupare dei Diritti umani e di quelli dei nostri figli…


Dal video citato più sopra:
E. Todd: “Bisogna avere un atteggiamento per lo meno di precauzione nei confronti della Germania (oggi così brava e simpatica…!), tenuto conto 

martedì 2 dicembre 2014

... e poi il silenzio

Riceviamo e pubblichiamo le seguenti lettere aperte.


ALLA COMMISSIONE PETIZIONI del PARLAMENTO EUROPEO
p.c. AGLI EURODEPUTATI ITALIANI,
e p.c. ALLE AUTORITA’ ITALIANE COMPETENTI

Milano, 20 ottobre 2014




Egregi Membri della Commissione Petizione

Dall’inizio della nuova legislatura, quella che vi ha visti eletti in particolare per tutelare i diritti dei vostri concittadini e più in generale, in qualità di membri della presente commissione, per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini, quelli sanciti dalla Carta Europea, mi rivolgo a voi con la terza lettera (dopo quella del 28 agosto e del 29 settembre).

Anche cittadini e associazioni di altri paesi (vedi ad es. lettera tradotta e allegata) vi hanno già scritto.
A tutti noi che denunziamo – ormai da 3 legislature - le violazioni sistematiche e inammissibili del sistema della cosiddetta giustizia familiare tedesca (Tribunale e Jugendamt) è stato riservato lo stesso trattamento: il silenzio.

Gli eurodeputati tedeschi chiedono la inammissibilità di tutte le petizioni che osano criticare il loro paese. Per quelle poche che sfuggono e sono giudicate ammissibili, i membri tedeschi sono passati dalla giustificazione “si tratta di un doloroso caso singolo” (ma si tratta di migliaia e migliaia di casi) a quella più articolata “esistono tanti dolorosi casi singoli perché la Germania è un grande paese e quando si trattano molti casi, possono verificarsi alcuni errori”, anche se, guarda caso, non sono mai quelli portati all’attenzione della Commissione e non sono mai “errori” che favoriscono il genitore straniero. Per non parlare poi dei bambini stranieri sottratti ad entrambi i genitori e dati a istituti o famiglie affidatarie tedesche.

Con il silenzio-assenso delle Istituzioni e in piena apparente legalitàla totalità dei bambini figli di coppie italo-tedesche che si separano finisce per vivere in Germania con il genitore tedesco (a meno che la madre straniera non sia giovane e interessi tenere anche lei in territorio tedesco, sperando che metta al mondo altri figli con un altro tedesco), senza nessun contatto con il genitore non-tedesco, nel nostro caso italiano (i padri italiani sono sempre tutti violenti e le madri tutte pazze e inaffidabili), senza parlare più quella che era stata la loro lingua madre, privati della metà della loro identità.

E’ ancora lecito parlare di Stato di Diritto, se il diritto tedesco prevede che ogni decisione sia finalizzata al Kindeswohl, cioè al bene tedesco del bambino, esattamente quello appena descritto?

Che le violazioni ci siano e siano gravi non è ormai più possibile metterlo in dubbio.

Dunque come dobbiamo intendere questo silenzio?
I bambini binazionali sono davvero bambini senza diritti?
I bambini con un genitore tedesco sono davvero tutti destinati ad essere germanizzati con il beneplacito della loro altra nazione?
I bambini binazionali vanno sacrificati sull’altare della diplomazia e delle buone relazioni?
Una opposizione alla Germania non è né pensabile né auspicabile perché si tratta di un paese con una posizione di forza all’interno dell’Unione, posizione di forza che si è conquistata anche perché gli altri stati membri appunto non hanno osato opporsi e glielo hanno permesso?

Ignorare le nostre denunzie, ignorare i drammi di migliaia e migliaia di bambini, permettere che lo spostamento di bambini-capitali-eredità avvenga sempre e solo in un senso, cioè verso la Germania, può dare forse una sensazione di riuscita diplomazia, di pace e legalità, ma sta distruggendo, oltre alle nostre economie, anche gli equilibri europei. Li ha già distrutti. Ne sono testimoni i nostri figli e il loro essere spostati come pacchi, come fonte di reddito, come prodotti della germanizzazione. La loro e quella dell’Europa.

La Germania ha voluto continuare a diffondere sentimenti anti-tedeschi con un atteggiamento prevaricatore, ma anche con tanti sorrisi di convenienza e dichiarazioni di buone intenzioni mai messe in pratica. Non funziona più, abbiamo radiografato il sistema dal punto di vista sociale, economico e giuridico.

Sono pertanto a chiedervi, a nome mio e delle associazioni che già conoscete, di voler trattare il problema che la Germania pone all’intera Europa (e non solo), sia relativamente ai diritti umani che alla politica delle relazioni all’interno dell’Unione, e precisamente:

-rispondendo ai nostri questi e alla necessità di restituire ai nostri figli la loro identità
-convocandoci per un approfondimento anche giuridico del problema (inutile rivolgersi a professori di diritto internazionale che non conoscono quello tedesco e i suoi codici di procedura e ancora più inutile chiedere spiegazioni ai giuristi tedeschi)
-informando ufficialmente le autorità nazionali dei rispettivi paesi affinché informino i tribunali locali di quanto avviene in Europa e trattino con estrema prudenza i casi italo-tedeschi
-rispondendo a quanto evidenziato dal presidente dell’associazione Enfants Otages, la cui lettera allego in traduzione

Nel ribadire la mia completa disponibilità, resto in attesa di quanto sopra e porgo
Cordiali saluti
Marinella Colombo


** Traduzione della lettera del sig. Alain Joly, presidente dell’associazione Enfants Otages **



19 ottobre 2014, lettera aperta

Presidente della Commissione Petizioni

Sig.ra WIKSTRÖM Cecilia
PARLEMENT EUROPÉEN
BAT.ALTIERO SPINELLI
08G220
60 RUE WIERTZ
B-1047 BRUXELLES

Oggetto : Petizione 0984/2012

Copia agli Eurodeputati

Signora Presidente,
in data 17.7.2012 ho presentato una petizione, la numero 0984/2012.
Senza l’intervento di Philippe Boulland, membro della Commissione Petizioni della precedente legislatura, questa petizione avrebbe subito la stessa sorte delle centinaia di altre che denunciano regolarmente le esazioni tedesche e austriache finalizzate a interrompere ogni contatto tra i bambini binazionali residenti in Germania e Austria - o rapiti trasferendoli in Germania e Austria – e il loro genitore non tedesco/non austriaco.

Ero tra i petenti invitati a prendere la parola in occasione della sessione della Commissione del 1 aprile 2014. La discussione è stata dapprima annullata a semplice richiesta dei due eurodeputati tedeschi, Rainer Wieland e Peter Jahr, poi le petizioni (contro il sistema familiare tedesco/Jugendamt) sono state rimesse all’ordine del giorno grazie appunto all’intervento di Philippe Boulland. Purtroppo tutto ciò ha portato solo ad una farsa nella quali i petenti non erano che i babbei e la Commissione europea non era neppure presente.

A tal proposito vi informo che alla data odierna (cioè 7 mesi dopo) i petenti non hanno ancora ricevuto la promessa lettera (presa di posizione) della Commissione europea e non hanno neppure ricevuto risposta alla loro richiesta di rimborso delle spese sostenute inutilmente.

Ovviamente i due succitati eurodeputati tedeschi e la deputata austriaca Angelika Werthmann erano presenti per manifestare tutto il loro disprezzo nei confronti dei petenti e negare ciò che questi ultimi denunciano prove alla mano, appellandosi invece a gran voce e come sempre al “principio di sussidiarietà” che rende la loro patria intoccabile.

Eppure, in seguito all’indagine svolta da una delegazione capeggiata da Angelika Werthmann e Peter Jahr su fatti simili denunciati dai loro propri concittadini (in riferimento a fatti accaduti in altri paesi), i due hanno dichiarato, commuovendo la commissione, che un paese membro dell’Unione europea non può violare impunemente i diritti fondamentali di adulti e bambini nascondendosi dietro al principio di sussidiarietà.

Pertanto è ormai possibile alla Commissione - senza rendersi colpevole di ingerenza - esigere dalla Germania e dall’Austria, come da ogni altro paese membro che stravolge le convenzioni, i trattati e i testi europei e internazionali dalla finalità originale, il rispetto e l’attuazione del concetto europeo e mondiale di interesse superiore del minore e di benessere del fanciullo.

In qualità di petente, ma anche a nome del centinaio di genitori membri dell’Associazione “Enfants Otages”, a nome di tutti i genitori membri dell’Associazione “Centro Servizi Interdisciplinare” di Roma e degli altri genitori non-tedeschi e non-austriaci, ma comunque cittadini europei, vi chiedo di aprire immediatamente dei procedimenti d’infrazione o di prendere ogni altra misura volta a costringere i paesi dell’Unione al rispetto dei nostri figli e dei loro diritti che sono universali e non necessitano di nessuna interpretazione o adattamento.

Conformemente alla decisione del vice-presidente Carlos Iturgaiz Angulo vi chiedo di programmare al più presto una nuova sessione che permetta ai petenti di prendere la parola nel rispetto che loro è dovuto e permetta ai nuovi membri della Commissione petizioni di rendersi conto appieno dell’urgenza e della necessità di azioni concrete.

In attesa di vostra cortese risposta, porgo i miei più rispettosi saluti
Alain Joly

giovedì 4 settembre 2014

Il Business transnazionale dei bambini che vanno in Germania

E' con grande sgomento che riceviamo e pubblichiamo la traduzione di questa lettera inviata alla Corte Europea per i Diritti Umani. 
Si tratta di un ricorso che sappiamo essere "sulla scrivania" da anni, ma che pressioni (interne o esterne?) evidentemente politiche vogliono impedire riveli la verità dei fatti e delle violazioni, cioè dell'interesse ECONOMICO della Germania nel trattenere tutti i bambini di tutte le coppie binazionali, usando gli strumenti comunitari per costruire una legalità di facciata
Il genitore non tedesco viene criminalizzato dalle sue proprie autorità che eseguono SENZA verificare le richieste tedesche e lo riducono sul lastrico inviando in Germania tutto il suo patrimonio, la sua pensione e la sua eredità, così come la Germania è riuscita ad imporre con successo all'intera Europa grazie ai Regolamenti.
Anche il titolo "diritto di famiglia" è meramente formale, si tratta di un business miliardario che i Tedeschi si preoccupano di celare, criminalizzando chiunque si opponga o cerchi di rivelarlo.
La sorte di Olivier Karrer, presidente dell'Associazione CEED (Conseil Européen des Enfants du Divorce), è emblematica.


Milano, 31.07.2014
Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU)
Consiglio d’Europa
Avenue de l’Europe
67075 Strasbourg Cedex
Francia

Ricorso n. 73708/2010             
Colombo c. Italia e Germania

Egregi Signori della Corte Europea per i Diritti Umani
Egr. Dott. Cancemi,

con la Sua lettera del 4 luglio 2014 ci chiede di informarLa sugli ultimi sviluppi della mia situazione, poiché le ultime informazioni risalgono al dicembre 2013.

Innanzi tutto La prego di notare che il mio primo ricorso risale alla fine del 2010/inizio 2011; si trattava e si tratta di un ricorso dal carattere prioritario poiché tratta delle violazioni die diritti fondamentali perpetrati contro dei bambini, i miei bambini. Nel 2010 mio figlio Nicolò aveva 8 anni, da allora sono passati 4 anni, cioè la metà della sua vita. Mi permetta di far notare che l’atteggiamento della Corte attraverso questo ritardo non corrisponde a una difesa dei diritti fondamentali, cosa che invece che dovrebbe essere –così credevo- la finalità di questa Corte che avevo adito con fiducia.

Rispetto al dicembre 2013 nulla è cambiato; i miei figli sono condannati a vivere in Germania con il genitore con il quale non avevano mai vissuto dopo la separazione, cioè con il genitore che esercitava un diritto di visita e pertanto non aveva nemmeno il titolo –stando alla Convenzione e al Regolamento- per richiedere il rimpatrio. Il genitore che era stato reputato dal giudice e dallo psicologo [tedeschi] inidoneo ad occuparsi quotidianamente dei bambini [a essere il collocatario] si è ritrovato ad avere un diritto che non deteneva, ma del quale è stato “omaggiato” per poter trattenere i bambini in Germania. Il Tribunale italiano ha “dimenticato” che la finalità della Convenzione e del Regolamento è quella di ristabilire la situazione di vita dei bambini precedente al trasferimento e non di sconvolgerne la vita.

Dal 2010 non ho più rivisto i miei figli. Vivono in situazione di estrema incuria. Da allora hanno cambiato 3 o 4 residenze con il padre che ha cambiato 3 o 4 donne. Nicolò ha cambiato 4 volte la scuola, hanno perso ogni fiducia negli adulti e nelle istituzioni, non hanno più alcun interesse nell’apprendimento (ho qualche informazione indirettamente, grazie ad amici sul posto …) ma sono io che li avrei “sradicati”! Non hanno più nessun contatto con la famiglia, la cultura, gli amici e la lingua italiana, la dimenticano. Tutto questo in un’Europa che si dice patria del Diritto e che predica il bilinguismo.

Io non lavoro più dal 2008, da quando i Tedeschi me lo hanno impedito, e non faccio che studiare il Diritto. Adesso ho un Master universitario in Tutela, Diritti e Protezione dei minori (30 e lode), sono cioè titolata per giudicare la capacità genitoriale degli altri genitori, ma mi si impedisce di occuparmi dei miei propri figli.

In Germania, da dove il mio ex-marito continua a reclamare soldi (la vera finalità di tutto ciò che ci è stato fatto subire), il giudice familiare mi ha definitivamente negato il diritto di difesa negandomi il gratuito patrocinio sulla base del diritto tedesco che prevede il patrocinio in caso di introiti modesti, ma soprattutto in caso di buone prospettive di vittoria nel procedimento. In pratica lo stesso giudice familiare chiamato a decretare saprebbe in anticipo se ci sono per me possibilità di vittoria, ancora prima che si inizi il procedimento: un bell’esempio di equo processo e di diritto di difesa che sarà l’oggetto di un nuovo ricorso, indipendente dagli altri, e che riceverete presumibilmente questo mese di settembre!

In Italia ho preparato, insieme ad altri giuristi, una proposta di modifica della Legge 64/1994 con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione dell’Aja. Questa legge fa dell’Italia il solo paese che prevede di fatto un solo grado di giudizio nei procedimenti con richiesta di rimpatrio: dopo il primo grado, la decisione è immediatamente esecutiva con la forza e non può essere sospesa, neppur ein presenza di un accordo tra i genitori (come nel mio caso). Il ricorso in Corte di Cassazione (con i costi e le limitazioni che questo comporta) non serve assolutamente a nulla, dato che i bambini saranno stati ormai rimpatriati da oltre un anno e il tribunale tedesco, durante questo lasso di tempo, avrà tolto definitivamente e in contumacia tutti i diritti al genitore italiano, sulla base tra l’altro della stessa decisione italiana di primo grado.
L’impossibilità di sospendere l’ordine di rimpatrio anche in presenza di una sentenza di Cassazione favorevole mi ha impedito di rientrare a casa e ha fatto aprire il procedimento penale nei miei confronti (ancora in corso), considerandomi quindi responsabile delle decisioni [alquanto opinabili] del legislatore italiano!

Dott. Cancemi, Illustri Giudici della Corte, non ci sono altri sviluppi da segnalare, ai miei figli è stata rubata l’infanzia, hanno perso la persona che era –all’unanimità- il punto di riferimento nella loro vita, sono stati trasformati in tedeschi puri, sanno che la giustizia –per lo meno fino ad ora- non è stata che una parola priva di significato, sanno che il loro padre ha fatto tutto questo per finalità economiche, come d’altronde le migliaia di genitori tedeschi che, sostenuti dallo Stato tedesco, si sono arricchiti a spese del genitore non tedesco, distruggendo la vita dei propri figli.

Rimane da porsi soltanto una domanda: questa Corte avrà la forza di ristabilire la giustizia nonostante le pressioni tedesche (e italiane, dato il ruolo dell’Italia di collaboratore attivo in tutte le violazioni) e soprattutto prima che i miei figli diventino adulti e distrutti per sempre?

Vogliate gradire i miei rispettosi saluti
Marinella Colombo


------ Texte en français -------------------------








                                        

giovedì 7 agosto 2014

Modifica Legge 64/94 gravemente lesiva degli interessi del nostro paese

CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE


per la modifica della Legge 15 gennaio 1994 n. 64 e in particolare dell’articolo 7, comma 4 sull’esecutività dei decreti pronunciati dai Tribunali per i minorenni sulle richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore presso il genitore esercente di fatto l’affido o a ristabilire l'esercizio del diritto di visita.

Onorevoli deputati,
la Repubblica Italiana ha ratificato la Convenzione dell’Aja del 25.10.1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori con la Legge 15 gennaio 1994 n. 64, con la finalità di assicurare l'immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente, di ristabilire le condizioni di vita degli stessi precedenti il trasferimento e di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti (art. 1 Conv. Aja).
Ciò allo scopo prioritario di tutelare i minori, in condizioni di uguaglianza rispetto agli altri Paesi firmatari.

Ai sensi dell'art. 6 Conv. Aja, ciascuno Stato contraente nomina un'Autorità centrale, incaricata di adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione.
Ai sensi dell'art. 7 della medesima convenzione, le Autorità centrali devono cooperare reciprocamente e promuovere la cooperazione tra le Autorità competenti nei loro rispettivi Stati, al fine di assicurare l'immediato rientro dei minori e conseguire gli altri obiettivi della Convenzione. In particolare esse dovranno, sia direttamente, o tramite qualsivoglia intermediario, prendere tutti i provvedimenti necessari: a) per localizzare un minore illecitamente trasferito o trattenuto; b) per impedire nuovi pericoli per il minore o pregiudizi alle Parti interessate, adottando a tal fine, o facendo in modo che vengano adottate, misure provvisorie; c) per assicurare la consegna volontaria del minore, o agevolare una composizione amichevole; d) per scambiarsi reciprocamente, qualora ciò si riveli utile, le informazioni relative alla situazione sociale del minore; e) per fornire informazioni generali concernenti la legislazione del proprio Stato, in relazione all'applicazione della Convenzione; f) per avviare o agevolare l'instaurazione di una procedura giudiziaria o amministrativa, diretta ad ottenere il rientro del minore e, se del caso, consentire l'organizzazione o l'esercizio effettivo del diritto da visita; g) per concedere o agevolare, qualora lo richiedano le circostanze, l'ottenimento dell'assistenza giudiziaria e legale, ivi compresa la partecipazione di un avvocato; h) per assicurare che siano prese, a livello amministrativo, le necessarie misure per assicurare, qualora richiesto dalle circostanze, il rientro del minore in condizioni di sicurezza; i) per tenersi reciprocamente informate riguardo al funzionamento della Convenzione, rimuovendo, per quanto possibile, ogni eventuale ostacolo riscontrato nella sua applicazione. 
E' Autorità centrale italiana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 6 della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, il Ministero della giustizia, Ufficio per la giustizia minorile (art. 3 legge n. 64/1994).

Mentre l’Autorità centrale italiana svolge un ruolo passivo, in pieno contrasto con la Convenzione e con la legge di ratifica – a suo stesso dire, un lavoro di “passacarte” delle richieste straniere al tribunale italiano – le Autorità centrali degli altri Paesi hanno assunto ben altro ruolo, ponendosi come filtro alla richieste in arrivo, verificandone la correttezza formale e le motivazioni.
Questo diverso modo di procedere costituisce un rilevante elemento di discriminazione del genitore cittadino italiano che avanzi all'estero una richiesta ai sensi della Convenzione, rispetto a quello di altra nazionalità che avanzi la medesima richiesta nei confronti dell'Italia.
Inoltre, la mancanza di un ruolo attivo dell'Autorità centrale italiana nella verifica delle istanze in arrivo, comporta la trasmissione automatica delle stesse ai tribunali per i minorenni competenti a decidere, senza un preliminare controllo sulla autenticità e veridicità delle traduzioni (nota dolente, considerato che si sono verificati casi di traduzioni palesemente falsificate) e degli elementi posti alla base delle stesse, nonché sull'adempimento delle formalità di presentazione.
Ciò è tanto più grave in quanto i Tribunali per i minorenni non procedono a verificare le traduzioni e gli altri presupposti, dovendo peraltro concludere il procedimento in tempi brevi.

E’ pertanto estremamente frequente che in Italia, alle richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore nello stato di residenza abituale (senza purtroppo considerare se il richiedente esercitasse di fatto l’affido), segua un decreto esecutivo di rimpatrio.

L'art. 7, comma 4 della legge n. 64/1994, stabilisce che “Il decreto è immediatamente esecutivo. Contro di esso può essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del decreto”.

La Convenzione de L'Aja NON IMPONE E NON SUGGERISCE:
a) la previsione dell'immediata esecutività del decreto predetto;
b) la possibilità di impugnare detto decreto solo tramite ricorso in Cassazione;
c) l'impossibilità di sospendere l'esecuzione del decreto in caso di presentazione del menzionato ricorso.

Gli altri Paesi firmatari non hanno previsto condizioni parimenti restrittive, venendosi così a creare una situazione iniqua nell'attuazione della Convenzione per i cittadini italiani rispetto ai cittadini stranieri.
Prevedere l'immediata esecutività del decreto e l'impossibilità di sospendere la stessa tramite ricorso comporta un immediato rimpatrio forzato del minore nel Paese richiedente, con conseguenti difficoltà e generalmente l’impossibilità, in caso di ricorso vittorioso in Cassazione, di ripristinare la situazione precedente alla pronuncia del decreto di rimpatrio, e dunque con il rischio di ineffettività della pronuncia della Corte di Cassazione.
Si aggiunga che la previsione, quale mezzo di impugnazione, del solo ricorso per Cassazione, oltre a limitare l'accesso alla giustizia nei confronti di chi non sia in grado di affrontare le spese di tale dispendioso mezzo, ed a provocare un allungamento dei tempi di giudizio, non consente neppure un riesame nel merito della vicenda. In buona sostanza, non si prevede la garanzia di un ulteriore pieno grado di giudizio.

E' di palese evidenza che il sistema predisposto dalla legge n. 64/1994 non è tutelante nei confronti del minore ed è causa di discriminazione tra le richieste ricevute dall'Italia e quelle ricevute dagli altri Paesi firmatari della Convenzione; ne consegue, altresì, la possibilità che per queste ragioni l'Italia subisca condanne da parte della Corte Europea per i Diritti Umani.
Pertanto, la legge n. 64/1994 deve essere URGENTEMENTE MODIFICATA ed in particolare ne deve essere urgentemente modificato l'art. 7, comma 4.

Precisamente, l’art. 7, comma 4 della Legge 15 gennaio 1994 n. 64 va modificato come segue:

viene abrogata la dicitura:
Il decreto è immediatamente esecutivo. Contro di esso può essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del decreto

che viene sostituita con:
Il decreto del Tribunale per i minorenni che decide per il rimpatrio verso il Paese richiedente non è provvisoriamente esecutivo.
L’esecutività del rimpatrio può essere domandata da ciascuna parte alla Corte d'Appello presso la quale sia stato proposto reclamo con ricorso.
La Corte d'Appello, immediatamente dopo la ricezione del reclamo ed in caso di richiesta da parte dell'interessato, deve vagliare se va ordinata l’esecuzione della decisione impugnata relativa al rimpatrio del minore.
Va ordinata l’immediata esecutività del decreto se il reclamo è evidentemente immotivato.
La decisione sulla esecutività immediata può essere modificata durante il procedimento di reclamo dinanzi alla Corte d'Appello[1].
L’uso della forza ai fini dell'esecuzione del rimpatrio[2] viene decretato dalla Corte d'Appello solamente nei casi in cui questo non sia pregiudizievole al minore, ovvero nei casi in cui il minore abbia espresso l’inequivocabile e comprovato desiderio di far rientro nel Paese di provenienza[3].
Contro il decreto della Corte d'Appello che decide sul reclamo, ciascuna parte può proporre ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
Il ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione proposto nei termini di legge sospende l'esecutività del decreto sino alla conclusione del procedimento.
In mancanza di ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, il provvedimento può essere dichiarato esecutivo dalla Corte d’Appello”.

Dott.ssa Marinella Colombo – Avv. Irene Margherita Gonnelli




[1] Ciò è quanto contenuto nell’articolo § 40, comma 3 della IntFamRVG - Legge tedesca relativa al diritto di famiglia internazionale, nonché ratifica tedesca della Convenzione di cui sopra.

[2] La ratifica tedesca presa qui a modello, prevede che una decisione del giudice familiare possa essere di immediata applicazione, cioè esecutiva (vollziehbar). Sarà però esecutiva con la forza (vollstreckbar) attraverso ufficiale giudiziario e ammenda, solo ad esaurimento delle possibilità di appello. Fino a quando il tribunale del ricorso non avrà emesso la sua decisione definitiva, la decisione del tribunale dell’istanza precedente sarà esecutiva, ma non verrà eseguita con la forza.
[3] La prassi italiana del prelievo di bambini a scuola per l’esecuzione del rimpatrio coatto, all’insaputa del genitore italiano con il quale vivono, con bambini in lacrime avvinghiati alle maestre, non può essere considerato “tutelante” dell’interesse dei minori, bensì piuttosto potrebbe essere presto motivo di condanna all’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dei diritti dei minori. E’ inammissibile usare la forza contro di loro; i bambini non sono responsabili delle dispute tra gli adulti, non hanno commesso reati e non possono dunque essere trattati da criminali il cui comportamento impone l’uso della forza per imporre il rispetto della legge.

mercoledì 6 agosto 2014

Presentare traduzioni dolosamente falsificate al tribunale per i minorenni di Milano NON è reato

......................... ma solo per chi è di nazionalità tedesca .............

L’avvocato tedesco traduce falsamente un decreto provvisorio emesso dal tribunale di Monaco di Baviera, dopo il trasferimento.

Traduce e presenta quindi di un atto che, stando al Regolamento europeo applicabile, il 2201/2003 e alla Convenzione dell’Aja del 1980, il tribunale che decide del rimpatrio NON deve tenere conto.

Il Tribunale per i minorenni di Milano invece ne tiene conto e pertanto, non solo viola le leggi applicabili fondando la sua decisione di rimpatrio su un documento non pertinente, ma accetta la traduzione italiana FALSIFICATA di detto documento e spedisce immediatamente i minori in Germania.

La vittima, cioè il solo genitore che esercitava di fatto l’affido e con il quale i minori, stando al tribunale competente, dovevano vivere, denuncia la falsificazione della traduzione.
A un anno dalla sparizione (prelievo a scuola con la FORZA, a tutela del minore!) la Procura della Repubblica di Milano conferma la falsificazione dolosa della traduzione effettuata dall’avvocato di parte tedesca, ma dispone l’archiviazione del caso. Perché?


Perché il Tribunale per i minorenni di Milano ha basato la sua decisione sulla traduzione di un decreto il cui testo originale proviene da un fax, cioè NON da un atto pubblico e pertanto la traduzione falsa di un fax non è reato. E non importa se tutto ciò è servito a rovinare la vita di due bambini, i Tedeschi sono soddisfatti e dunque anche le autorità italiane!



sabato 5 luglio 2014

Valorizziamo la cultura italiana lasciando che ai nostri figli venga imposta la sola lingua tedesca?




Il titolo non è un ossimoro o, se lo è, corrisponde comunque all'odierna (ma non solo di oggi) realtà europea.





Perché ce ne occupiamo? Perché abbiamo appena letto che Laura Garavini (PD) sostiene l’urgenza di “una riforma che valorizzi la cultura italiana nel mondo” 
Non possiamo che essere tutti d’accordo.

Affinché questo si realizzi è però necessario che siano prima di tutto gli Italiani ad essere consapevoli della cultura della quale sono portatori e devono essere soprattutto i loro rappresentanti in Italia, in Europa e all’estero a voler valorizzare la cultura italiana nel mondo, e non solo a parole.

Valorizzare la cultura italiana in Germania, bacino di elezione della Garavini, non significa infatti soltanto promuovere una riforma, o organizzare corsi di italiano per stranieri, o mostre o rassegne cinematografiche, significa in primis difendere il diritto dei bambini binazionali a mantenere la loro parte di identità italiana, i contatti con l’Italia e la famiglia residente al di fuori della Germania. In altre parole tutto ciò che viene sistematicamente negato ai bambini italo-tedeschi (ma anche interamente italiani) che per loro sventura si sono trovati a risiedere almeno per sei mesi sul suolo tedesco, i sei mesi necessari ad attribuire la competenza giurisdizionale al tribunale familiare tedesco e a permettergli di decidere, secondo la visione teutonica del Kindeswohl, che per il loro “bene” non devono avere contatti e legami con il o i genitori italiani e la loro cultura.

Di tutto ciò Laura Garavini è al corrente, tanto è vero che nel 2009 aveva presentato un’interrogazione molto chiara e articolata a questo proposito, anche se non esaustiva del problema (http://www.garavini.eu/basta-con-le-discriminazioni-negli-jugendamter-in-germania/ ). 

Peccato che subito dopo, a Radio Colonia, aveva ritrattato usando le argomentazioni tedesche “gli Jugendaemter lavorano bene, se ci sono degli errori si tratta di pochi casi isolati”. 
Centinaia e centinaia di casi posso essere definiti “isolati”? 
Anche Reiner Wieland quest’anno, in Commissione Petizioni, dopo essersi ritrovato a dover discutere delle Petizioni contro lo Jugendamt che poco prima aveva fatto cancellare dall’ordine del giorno (http://www.ilpattosociale.it/news/2487/Jugendamt-e-petizioni-negate.html ), ha ribadito che “se ci sono tanti di questi errori è perché la Germania è un grande paese e non perché si tratti di un sistema” (http://jugendamt0.blogspot.it/2014/04/commissione-petizioni-vs-jugendamt.html ).

Sono passati 5 anni e, a parte l’affinamento linguistico per negare il problema e il sistema, cosa è cambiato? Ulteriori migliaia e migliaia di bambini binazionali sono diventati solo tedeschi, monolingui e monoculturali. Non compaiono in nessuna statistica, perché sono casi che vengono trattati all’interno della giurisdizione tedesca, nelle udienze a porte chiuse dei tribunali familiari o nelle squallide stanze degli incontri, dapprima concessi ma alla fine sempre negati, delle infinite sedi dello Jugendamt, o del Kinderschtzbund, o di altri Freie Traeger con nomi altrettanto idilliaci.

In Germania il tema è tabù, è vietato parlarne e chi lo fa viene criminalizzato, come Olivier Karrer (http://www.tempi.it/jugendamt-karrer-ceed-scrive-a-paola-severino-per-denunciare-la-procura-di-milano#.U7arJvl_utM )  o come la sottoscritta          

Abbiamo portato il problema in Europa, ma tranne pochi eurodeputati coraggiosi, come Cristiana Muscardini (https://www.youtube.com/watch?v=OmnSa0eOYDc ) e Niccolò Rinaldi, tutti gli altri non hanno osato affrontare i tedeschi: “Sono forti, sono in maggioranza”. Ebbene ora la maggioranza tedesca si è ridimensionata; infatti la delegazione italiana nel Partito Socialista Europeo (nel quale è confluito il Partito Democratico del quale la Garavini fa parte) è ora la delegazione più numerosa. Avranno ora il coraggio i nostri rappresentanti politici di mettere in atto, loro per primi, “una riforma che valorizzi la cultura italiana” in Germania?

Ci auguriamo che non si tratti, per l’ennesima volta, di belle parole e di dichiarazioni vuote, perché servirebbero solo ad alimentare la sfiducia nella nostra classe politica e l'euroscetticismo. Intanto le associazioni che riuniscono le vittime delle Jugendamt tedesco si moltiplicano in tutta Europa e sono pronte a fornire ai politici tutte le informazioni e i documenti che vorranno richiedere … se li richiederanno. 
Da parte nostra, continueremo a tenervi informati.

Dott.ssa Marinella Colombo
Membro della European Press Federation
Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt del C.S.IN. Onlus

lunedì 23 giugno 2014

Documento di Lavoro del Parlamento Europeo sulle misure discriminatorie e arbitrarie adottate dallo Jugendamt




Prima che questo documento venga definitivamente rimosso da tutta la rete, così come richiesto dalle autorità tedesche, lo diffondiamo nuovamente qui.



1.  INTRODUZIONE


La Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo ha ricevuto numerosissime petizioni e lettere di sostegno in merito a misure discriminatorie e arbitrarie che avrebbero compiuto le autorità preposte alla tutela dei giovani in alcuni Stati membri, in particolare dallo Jugendamt in Germania, di cui il presente documento si occupa in via principale [1].

Tali petizioni sono particolarmente difficili da valutare a causa dell’estrema delicatezza di ciascun singolo caso. Anche quando sono presentate denunce molto circostanziate, non è possibile per la Commissione per le Petizioni trarre conclusioni assolute a causa della mancanza di informazioni provenienti da altre parti. Pertanto, è della massima importanza che tutti i firmatari comprendano che la Commissione per le Petizioni non può sostituirsi ai giudici competenti o agli organi di controllo giurisdizionale. Né è possibile per la commissione valutare chiaramente la portata del problema sollevato dai firmatari, motivo per cui non può parlarsi di disfunzione sistematica. D’altro canto, va riconosciuto che l’operato dello Jugendamt sembra comunque essere una questione di reale preoccupazione per molti cittadini europei e deve quindi essere affrontata con urgenza dalle autorità responsabili a livello nazionale, regionale e locale in Germania, tra cui le commissioni competenti del Bundestag.

La Commissione per le Petizioni, conformemente al proprio regolamento, si occupa di questioni che rientrano nel campo di attività dell’Unione europea. Di conseguenza, la sua competenza riguarda le disposizioni del trattato relative ai diritti fondamentali dei cittadini comunitari e a questioni che comportano una possibile discriminazione sulla base della nazionalità, dell’origine o della lingua, e all’interpretazione nell’attuazione degli atti legislativi dell’UE da parte delle autorità nazionali, tenendo sempre presente che, per tali questioni, la Corte di giustizia europea è l’unico organo competente a formulare un giudizio vincolante sull’interpretazione del diritto comunitario.

La Commissione per le Petizioni deve essere consapevole del fatto che, se i firmatari hanno scritto così numerosi alla commissione, è in parte perché non hanno ricevuto spiegazioni soddisfacenti dalle autorità tedesche competenti. Finora, solo in un caso trattato dalla commissione un firmatario ha ricevuto scuse formali dalle competenti autorità tedesche che si sono scusate per gli atti di discriminazione compiuti nei confronti del minore.

Diverse categorie di petizioni.

Gli autori delle petizioni hanno contattato la commissione sia individualmente sia quali firmatari nell’ambito di campagne più organizzate che contestano, spesso con veemenza, il regime dello Jugendamt.

Un vasto gruppo di firmatari formula denunce chiare e specifiche di discriminazione da parte delle autorità tedesche nei confronti del genitore di nazionalità non tedesca durante gli incontri con i figli, svolti alla presenza di funzionari di sorveglianza, dopo la separazione da un matrimonio misto. I firmatari dichiarano che il problema della discriminazione è insito nelle procedure usate regolarmente dallo Jugendamt, che rendono difficile o addirittura impossibile il contatto con i figli solo alla presenza di supervisori denunciano con forza il fatto che, durante tali incontri, i funzionari dello Jugendamt controllano sistematicamente se il genitore parla al figlio in tedesco. Nel caso in cui il genitore o il figlio parli in una lingua non comprensibile al supervisore, la conversazione viene interrotta e il genitore è invitato ad allontanarsi. Alla luce delle petizioni ricevute, le discriminazioni più comuni sarebbero perpetrate contro i genitori che parlano polacco, sebbene molti esempi riguardino anche il francese o altre lingue. 

Un secondo gruppo di petizioni denuncia casi in cui il figlio viene separato dal genitore sulla base di una decisione dello Jugendamt che asserisce che il genitore sarebbe fisicamente o mentalmente inidoneo ad assumersi le responsabilità dell’educazione del figlio. Ovviamente, una commissione parlamentare non può verificare tali asserzioni, né la giustificazione psicologia o psico-sociale che può avere portato a tale categorizzazione. Può solo osservare che, nei casi in cui tali motivi sono stati contestati dai firmatari, essi a quanto pare non sono stati in grado di risolvere la questione attraverso le normali procedure vigenti in Germania.

Il terzo gruppo di petizioni, il più ampio, riguarda varie azioni intraprese dallo Jugendamt rispetto alle quali i firmatari ritengono che lo Jugendamt violi costantemente la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e i principi dell’UE che proclamano il rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti del fanciullo, e quindi chiedono al Parlamento europeo di intervenire e di garantire che lo Jugendamt venga abolito.

La Commissione per le Petizioni ha discusso queste petizioni in diverse occasioni con la partecipazione dei firmatari, della Commissione e delle autorità tedesche. Il 22 marzo 2007 una delegazione della commissione per le petizioni, accompagnata da alcuni firmatari, ha incontrato i rappresentanti delle autorità tedesche a Berlino, fra cui Reinhard Wiesner del ministero federale della Famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani, e Andreas Hilliger del ministero dell’Istruzione, della gioventù e degli sport del Land Brandenburgo, il quale ha ammesso che non è possibile escludere talune mancanze in alcuni casi individuali complessi, riferendo che i governi dei Laender stanno affrontando la situazione attraverso una migliore preparazione dei funzionari.

Alla riunione della commissione per le petizioni del 7 giugno 2007 le autorità tedesche hanno spiegato ulteriormente la loro posizione sulla questione alla presenza dei firmatari. Gilla Schindler, del ministero federale della Famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani, ha sottolineato l’integrità del sistema del diritto di famiglia tedesco per quanto riguarda i diritti dei bambini e dei genitori, senza discriminazione basata sulla nazionalità, pur riconoscendo che, in alcuni casi specifici riferiti dai firmatari, i funzionari dello Jugendamt erano venuti meno ai necessari requisiti di professionalità.

Nell'ambito della stessa riunione, il rappresentante della Commissione europea ha indicato che si trattava di una questione complessa di diritto nazionale, che tuttavia aveva possibili risvolti europei e ha convenuto che alcune pratiche dei funzionari dello pratiche dei funzionari dello Jugendamt, così come descritte dai firmatari, potrebbero veramente essere considerate discriminatorie.



                   2.         QUADRO GIURIDICO


I diritti del fanciullo costituiscono parte integrante del diritto comunitario, come stabilito dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Inoltre uno dei numerosi obiettivi del nuovo regolamento Bruxelles II, entrato in vigore il 1° marzo 2005, è garantire il pieno rispetto del diritto del fanciullo a mantenere contatti con entrambi i genitori anche dopo il divorzio ed anche quando questi ultimi vivano in Stati membri diversi.

In cooperazione con il responsabile dell'Unità tematica (Direzione C – Diritti dei cittadini e affari costituzionali), è stato redatto un documento informativo interno sulle disposizioni giuridiche relative all’esercizio della responsabilità genitoriale in Germania per rispondere a questa situazione e chiarire l’esatto fondamento giuridico a livello europeo e nazionale[2].

                   3.        DISCRIMINAZIONE SULLA BASE DELLA CITTADINANZA


Molti firmatari[3] affermano che il problema della discriminazione sulla base della nazionalità deriva dalla procedura adottata dallo Jugendamt tedesco che discrimina il coniuge non tedesco a seguito della separazione nell'ambito di matrimoni misti, rendendo impossibile per quel coniuge avere contatti con il proprio figlio nei casi in cui sono stati concessi solo incontri con il figlio alla presenza di un supervisore. Durante gli incontri il supervisore controlla se il genitore parla al figlio in tedesco e nel caso in cui il figlio o il genitore parli una lingua che egli non comprende, interrompe brutalmente la conversazione.

I funzionari inoltre minacciano i genitori non tedeschi che la mancata osservanza dei loro ordini comporta il divieto del contatto tra genitore e figlio, e in alcuni casi queste minacce sono state concretizzate. I firmatari dichiarano che, nel rendere nota la sua decisione, lo Jugendamt sostiene che “dal punto di vista della pedagogia professionale, non è nell'interesse del bambino partecipare a incontri con un funzionario accompagnatore in una lingua straniera. È vantaggioso per il bambino sviluppare il tedesco come propria lingua poiché il bambino sta crescendo in questo paese, dove frequenta la scuola”.

I firmatari hanno sottolineato (e questo è provato scientificamente) che la lingua svolge un ruolo fondamentale, nei rapporti tra genitore e figlio che hanno comunicato nella lingua madre sin dalla nascita. Grazie alla lingua, si sviluppa un legame emotivo fra il bambino e il genitore non tedesco e attraverso questa lingua il legame si intensifica progressivamente. Il legame fra il bambino e i genitori è il principale criterio da utilizzare per stabilire “l'interesse superiore del minore”. Il desiderio di parlare al proprio figlio nella lingua madre, anche durante visite alla presenza di supervisori, equivale quindi al desiderio di mantenere un legame emotivo con il bambino.

I firmatari sottolineano che questo divieto di usare una lingua diversa dal tedesco scatena conseguenze di vasta portata, mentre è definito “innocuo” dallo Jugendamt. Esso comporta una perdita del legame fra il genitore non tedesco e il bambino e può sfociare in un divieto giudiziario agli incontri, qualora il genitore si dovesse dimostrare “disobbediente”.

I firmatari dichiarano che sono state respinte anche le richieste di alcuni genitori di organizzare incontri presso organizzazioni di servizio per le famiglie bilingui, al pari della possibilità che un professionista che conosce la lingua straniera possa essere presente all’incontro fra il genitore e il figlio. Lo Jugendamt si giustifica elencando numerose ragioni e circostanze, che vanno dalle accuse ai genitori di non avvalersi della loro corretta conoscenza del tedesco durante l’incontro con il figlio, fino alla mancanza di potenziale tecnico che consentirebbe di fare svolgere l’incontro con il bambino nella lingua in questione.

I firmatari hanno anche evidenziato che, in casi estremi, la caparbietà da parte di un genitore porta alla perdita per quel genitore non tedesco dei diritti genitoriali. Questo tipo di procedura “inumana” colpisce la sostanza dei diritti dei genitori e dei figli. I firmatari affermano che l’ostinazione con la quale lo Jugendamt obbliga a educare i figli in lingua tedesca è così implacabile che tale autorità non esita a violare i principi di non discriminazione sulla base dell’origine e della lingua. Sono quindi le decisioni dello Jugendamt, non quelle dei genitori, che vanno contro l’interesse superiore del bambino.

Altri firmatari[4] lamentano, in modo molto diverso, il fatto che a famiglie straniere che risiedono temporaneamente in Germania non è consentito ricorrere all’insegnamento privato presso il proprio domicilio o all’istruzione a distanza, che considerano una discriminazione sulla base della nazionalità. Cresce l'esigenza di avere un numero maggiore di ricercatori con una migliore preparazione nello Spazio europeo della ricerca; I ricercatori e altri professionisti altamente qualificati che necessitano di frequenti spostamenti per il loro lavoro desiderano naturalmente portare con sé le proprie famiglie. I loro figli hanno esigenze educative che non sono soddisfatte dal sistema scolastico tedesco e cercano quindi alternative, il che è considerato illegale e porta a minacce, da parte dello Jugendamt, di allontanamento dei figli dalle loro famiglie.



4.         PRESUNTA INIDONEITÀ FISICA O MENTALE DEL GENITORE A EDUCARE UN FIGLIO


Alcuni firmatari dichiarano che lo Jugendamt, senza avvertimento preventivo, aveva sottratto i loro figli sostenendo che i genitori erano fisicamente o mentalmente inidonei ad assumersi la responsabilità della loro educazione. Anziché valutare i fatti, le autorità spesso basano le loro decisioni su pareri soggettivi e su pregiudizi. Questa pratica è particolarmente evidente nei casi in cui la diagnosi o la terapia sono controverse fra gli esperti, come la malattia di Lyme (borreliosi), la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) o la sindrome di Münchausen per procura (MSbP), oggetto di vive discussioni scientifiche (malattia immaginata o indotta). Al simposio internazionale sullo Jugendamt e la Convenzione europea sui diritti umani” tenutosi a Bamberga il 20 21 ottobre 2007[5] sono stati discussi alcuni di questi casi, oggetto anche di petizioni3.

Uno dei casi era stato deferito alla Corte europea dei diritti dell'uomo[6]. La Corte ha giudicato all’unanimità che vi era stata violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita familiare) della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo e, ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione (equa soddisfazione), ha concesso ai richiedenti la compensazione per i danni subiti, i costi e le spese. La Corte ha ordinato alle autorità tedesche di restituire immediatamente i figli alla famiglia, ma finora solo due dei sette bambini sono ritornati a casa. A una bambina era stato detto dallo Jugendamt che i suoi genitori erano morti e un’altra bambina, in seguito, si era suicidata[7].

Un altro esempio è rappresentato da una famiglia cui erano stati sottratti due dei figli dallo Jugendamt e dati in affidamento. La madre era stata accusata di avere la sindrome MSbP, sebbene le malattie dei suoi due figli (celiachia ed epilessia) fossero reali e dimostrate dai medici.
Dopo due anni di dure lotte i figli hanno potuto tornare dai genitori, ma uno di loro era stato vittima di abusi sessuali durante il periodo di affidamento.

Nei suoi commenti al caso sollevato nella petizione 151/2007 durante il simposio internazionale di Bamberga, l'antropologa e medico australiana Helen Hayward-Brown ha dichiarato che era uno dei casi più gravi di accuse infondate di sindrome di Münchausen per procura che avesse incontrato nei suoi dieci anni di attività scientifica.


5.         LA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E I PRINCIPI DELL’UE SUI DIRITTI FONDAMENTALI


La maggior parte dei firmatari sostiene che lo Jugendamt tedesco e le autorità sociali abusano della loro autorità statale in modo incompatibile con il rispetto dei diritti dei cittadini e dei diritti umani, non solo quando si tratta di genitori non tedeschi di bambini con doppia nazionalità e di bambini bi-nazionali che vivono in Germania, ma anche di genitori che risiedono al di fuori della Germania in relazione a conflitti transfrontalieri sulla custodia e i diritti di visita. Le denunce riguardano anche i rifiuti delle autorità tedesche di riconoscere lo status della paternità straniera[8].

Numerosi firmatari[9] sostengono che lo Jugendamt dispone di poteri eccessivi, che ufficialmente ha il compito di proteggere i giovani, ma in realtà mette sotto il controllo dello Stato i figli di madri sole, perché siano educati secondo l’ordinamento amministrativo tedesco. Dichiarano che lo Jugendamt è un’amministrazione che non trova corrispettivi negli altri Stati democratici, e che agisce come un ufficio di sorveglianza e di protezione dei valori tedeschi.

Altri firmatari sostengono che i dipendenti dello Jugendamt hanno la posizione di “terzo genitore”. Sono implicati in tutte le procedure giudiziarie in materia di diritto di famiglia e possiedono poteri maggiori di quelli dei genitori biologici. Quei funzionari sono incaricati di proporre misure protettive al giudice. Si considerano difensori del benessere tedesco del bambino, dove il benessere del bambino deve essere interpretato in termini di nazione tedesca e la protezione in termini di sicurezza (per proteggere i valori tedeschi). I firmatari fanno presente che resistere ai funzionari di quell’istituzione tedesca è impossibile e può essere anche pericoloso. Asseriscono inoltre che gli stessi minacciano i genitori in modo subliminale e permanente di revocare i diritti di visita o la responsabilità genitoriale, e hanno il potere di concretizzare quelle minacce, con o senza decisione dell’autorità giudiziaria.

Numerosi firmatari sottolineano che in caso di coppie bi-nazionali, lo Jugendamt persegue missioni ben specifiche:  

      Si deve compiere ogni sforzo per impedire che i bambini lascino il territorio       tedesco.
      Al genitore che è cittadino tedesco si deve affidare immediatamente la custodia       esclusiva dei figli e, nel medio termine, la tutela genitoriale.
      Ai bambini deve essere impedito qualsiasi contatto con la seconda cultura e lingua.
I contatti con il genitore non tedesco devono essere interrotti attraverso misure umilianti. L’epurazione nazionale deve essere perseguita attraverso numerose procedure giudiziarie. Se il genitore straniero rifiuta di accettare le norme tedesche, sono attuate misure per minacciare e criminalizzare quel genitore.
      Si deve garantire che il mantenimento/gli alimenti siano pagati in Germania. Gli importi non versati sono controllati ogni anno e imposti al genitore straniero anche quando il genitore non tedesco non ha più pretese giuridiche sui bambini perché questi sono diventati adulti.
      L’accesso dei genitori stranieri a tutti i documenti e ai dati che lo Jugendamt raccoglie in segreto contro di loro deve essere negato conformemente alla legge tedesca sulla protezione dei dati personali.

I firmatari affermano che lo Jugendamt è un’istituzione politica i cui poteri senza controllo e arbitrari, il cui stretto collegamento e la collisione con l’autorità giudiziaria sono inconciliabili con le norme fondamentali della giustizia universale e i principi dei diritti umani. Le sue procedure, basate sull’arbitrio e sul nazionalismo, sono incompatibili con lo spirito dell’Unione Europea e con la regola secondo cui “In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente”.

6.         LE QUESTIONI DEL DIRITTO DI FAMIGLIA SONO UN PROBLEMA EUROPEO


Due genitori i cui figli sono scomparsi a causa di rapimento da parte dell’altro genitore, insieme a numerosi genitori e rappresentanti di associazioni internazionali, hanno iniziato il 25 aprile 2008 una marcia, sotto lo slogan di “Accesso negato”, dalla sede del Parlamento europeo di Bruxelles a quella di Strasburgo, dove sono arrivati il 21 maggio. A Strasburgo hanno incontrato i rappresentanti del Parlamento europeo e hanno consegnato 11 206 firme all'on. Marcin Libicki, presidente della commissione per le petizioni, a sostegno della “Petizione accesso negato”[10], con cui i firmatari protestano contro le lacune nell’applicazione del diritto di famiglia, non solo in Germania, ma anche in altri Stati membri dell’UE, fra cui Belgio, Francia e Paesi Bassi. Erano presenti anche firmatari svizzeri.


CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI


Il presente documento richiama l’attenzione su un importante problema che richiede in primo luogo una risposta da parte delle autorità nazionali. Sono gli Stati membri a essere responsabili, in definitiva, delle questioni relative al benessere dei minori e a esercitare la loro competenza attraverso il sistema politico e i canali giuridici che sono a disposizione di tutti i cittadini. Anche l’Unione europea ha le proprie responsabilità, che sono chiaramente definite nei trattati, e che stabiliscono i principi fondamentali sul rispetto dell’integrità della persona, comprese ovviamente quella delle persone più vulnerabili. Agli Stati membri incombe il chiaro obbligo di garantire che i cittadini europei possano condurre la propria esistenza esente da discriminazioni, soprattutto da quelle provenienti dalle amministrazioni pubbliche nazionali, regionali o locali.
Ciò impone una migliore vigilanza, anche da parte dei rappresentanti eletti a tutti i livelli, e l'introduzione di salvaguardie più rigorose di quelle attualmente a disposizione in materia di tutela dei minori e di potenziale abuso dei diritti dei bambini o dei diritti e delle responsabilità dei genitori.
Inoltre, questa non è una raccomandazione rivolta a un solo Stato membro, ma a tutti.

Non vi è alcun dubbio che ciascuna petizione ricevuta contro lo Jugendamt tedesco costituisca un appello personale di un genitore leso alla giustizia e, nello stesso tempo, un’espressione di profonda angoscia.
È anche vero che la commissione per le petizioni ha ricevuto tali appelli da genitori ai quali sono stati negati, in particolare dallo Jugendamt, quelli che essi considerano loro diritti, fra cui un trattamento leale ed equo da parte dei funzionari.
La commissione per le petizioni non ha ricevuto alcuna lettera di persone che abbiano invalidato dette affermazioni. La commissione per le petizioni non ha visitato gli uffici dello Jugendamt per verificare i fatti sul posto. Questo rientra nelle responsabilità delle autorità tedesche.

Viste le circostanze, sarebbe fuori luogo criticare o condannare un sistema di amministrazione di uno Stato membro. Risulterebbe tuttavia del tutto inopportuno non riconoscere il fatto che, a quanto pare, si sono verificati numerosi abusi dei diritti genitoriali a causa di discriminazioni basate su criteri etnici, nazionali o linguistici, e che a detti abusi non è stato posto rimedio; sembra che non siano stati neppure verificati. Ciò ha nuociuto agli interessi del minore nella quasi totalità dei casi esaminati dalla Commissione per le Petizioni. Inoltre, il fatto di negare ai genitori il diritto di parlare ai figli nella loro lingua madre, sembra sia pratica diffusa e, peggio ancora, stando alle testimonianze ricevute, le autorità competenti minimizzerebbero l’impatto di questo divieto su un bambino e sulla sua stabilità emotiva.

           È necessario trasmettere linee guida e istruzioni chiare a tutti gli uffici dello Jugendamt, ricordando le loro responsabilità e i diritti fondamentali dei genitori e dei figli a loro carico. Per la maggior parte di questi uffici tali istruzioni non saranno necessarie in quanto gli stessi operano già su tale base, ma altri uffici necessitano palesemente di chiarimenti sui loro doveri verso tutti i genitori.

        La autorità interessate devono accettare ed ammettere senza discussione l’uso di tutte le lingue parlate dai genitori, durante le visite sorvegliate.
        Lo Jugendamt deve informare tutti i genitori circa i loro diritti di ricorso contro le decisioni da lui prese e riguardo le condizioni di presentazione dei ricorsi.
        Tutti gli Stati membri sono tenuti a favorire una maggiore vigilanza democratica o parlamentare a livello nazionale e regionale sugli enti preposti alla tutela dei minori e offrire quindi ai cittadini la possibilità di cercare soluzioni efficaci più vicine al loro luogo di interesse.
        Dove essere incoraggiata attivamente una più stretta cooperazione bilaterale fra Stati membri, a livello degli enti di tutela dei minori, per favorire un migliore coordinamento e una maggiore comprensione fra i funzionari responsabili, allo scopo di facilitare il processo decisionale delle autorità responsabili, a garanzia dell’interesse superiore del minore.


22.12.2008


[1] Nel 2008 sono pervenute 34 nuove petizioni sullo Jugendamt; tuttavia dal 2006 sono state presentate non solo petizioni individuali, ma anche centinaia di lettere segnalanti casi individuali e registrate, ma alle quali la commissione non è stata tecnicamente in grado di rispondere nel merito. Di qui, l’importanza del presente documento.
[2] Nota informativa di gennaio 2008 (PE 393.276).
[3] Petizioni 38/2006, 712/2006, 713/2006, 848/2006, 849/2006, 1008/2006 e altre.
[4] Petizioni 477/2007 e 744/2007.
[5] Cfr.: http://deutsche-jugendamt.blogspot.com/2007/11/bamberg-declaration.html 3 Sottopetizioni registrate con le petizioni 38/2006 e 151/2007.
[6] Haase contro Germania (Domanda n. 11057/02).
[7] NdR CEED : L’adolescente si è suicidata perché le speranze che aveva posto nella decisone della Corte Europea di poter tornare alla sua famiglia sono state annientate dallo Jugendamt che, per vendicarsi, le ha impedito di tornare a casa. Alla sua morte lo Jugendamt ha inviato alla madre la fattura per le esequie.
Approfittando inoltre di una trasmissione nella quale si mostrava la Sig.ra Haase distrutta davanti alla tomba di sua figlia, lo Jugendamt ha dato inizio ad un altro procedimento giudiziario, adducendo questo suo stato di prostrazione, per sottrarle nuovamente i due figli tornati a casa. Il CEED è allora intervenuto protestando presso la Corte d’Appello di Hamm.
[8] Petizione 450/2006 e altre.
[9] “Petizione dei 10 genitori”, utilizzata come modello per numerosissime petizioni.
[10] Petizioni 519/2008, 1346/2008 e altre.