mercoledì 27 aprile 2016

Sottrazioni internazionali e proposte di legge che finirebbero per favorirle



Egr. Sen. Rosetta Enza Blundo
abbiamo avuto occasione di leggere il suo intervento con proposta di legge relativamente alle sottrazioni internazionali.

Le scriviamo in qualità di responsabile dello Sportello Jugendamt dell’Associazione Centro Servizi Interdisciplinare C.S.IN.Onlus, per l’Associazione Enfants Otages e quale responsabile per le sottrazioni internazionali della Onlus Federico-nel-cuore, ma anche di Avvocato penalista e Assegnista di Ricerca in Diritto processuale penale, che si occupa – sia in àmbito forense, che per attività di ricerca – di collaborazione investigativa e giudiziaria con l’autorità straniera.

Ci occupiamo da anni di sottrazioni internazionali, anche con stretti contatti con il Parlamento Europeo. Per questo motivo scriviamo in copia anche all’eurodeputato Eleonora Evi che sta lavorando a questa tematica dall’inizio del suo mandato e nell’ambito di un gruppo di lavoro della Commissione Petizioni.

Condividiamo con Lei, senatrice Blundo, che la situazione è grave e addirittura molto più drammatica di quanto vogliano rivelarci le statistiche. Ai 231 casi di sottrazione di cui ufficialmente si occuperebbe il Ministero degli Esteri, si aggiungono le centinaia o piuttosto migliaia di casi di sottrazioni poi legalizzate dalla magistratura italiana e straniera e le migliaia di casi di sottrazioni di bambini italiani (o binazionali) che avvengono all’interno di altri paesi, non rientrando dunque nelle statistiche, ma andando pesantemente a ledere i diritti – soprattutto quello della propria identità e di mantenere il contatto con entrambi i genitori – di un numero sempre crescente di bambini italiani.

Buona parte dei bambini sottratti non rientrano in Italia non tanto perché le autorità estere non eseguano il rimpatrio, ma prima di tutto perché l’Italia (le sue istituzioni) non si attiva correttamente per ottenerlo. A questo si aggiunge il fatto che in questo settore opera una folla di addetti incompetenti in materia (tra cui certi avvocati e magistrati), persone cioè ignare delle corrette procedure, ma soprattutto all’oscuro di come all’estero vengano applicate le convenzioni. Aspettarsi che un altro paese attui le convenzioni come lo fa l’Italia è il primo errore. La stessa convenzione dell’Aja è stata ratificata in modo differente dai diversi paesi e il Regolamento 2201/2003[1] rimanda a codici di procedura completamente diversi fra loro.
In altre parole SOLO l’Italia emette decreti di rimpatrio immediatamente esecutivi con la forza dopo il primo grado di giudizio. Gli altri paesi MAI.
Già solo una tale aspettativa (cioè il paese in cui è stato sottratto il bambino applicherà la convenzione come lo fa l’Italia) può inficiare completamente tutto il procedimento, mettendo il genitore italiano nella condizione di vincere tutte le cause, ma non rivedere più suo figlio.

L’atteggiamento delle nostre istituzioni è la prima causa dei mancati rimpatri e – peggio ancora – della legalizzazione a posteriori delle sottrazioni, che dunque le stralcia anche dalle statistiche. Espongo il problema di quello che ho voluto eufemisticamente denominare “atteggiamento” nel seguente articolo: http://www.ilpattosociale.it/news/4116/Achtung-binational-Babies-La-legge-%C3%A8-uguale-per-tutti-ma-soprattutto-i-bambini-sono-tutti-uguali-.html

L’approccio al problema “sottrazioni” è di tipo civilistico e penalistico. Se sul piano civile il rimpatrio viene raramente eseguito, sul piano penale l’atteggiamento dell’Italia è ancora più preoccupante: condannati in Italia per sottrazione internazionale sono solo i genitori italiani, addirittura quelli che legalmente portano i bambini in Italia (l’Italia è l’estero per i magistrati nostrani!), ma MAI i genitori stranieri, per i motivi che cerco di riassumere qui di seguito.

Innanzi tutto le procure italiane aprono procedimenti ex 574 bis contro i genitori italiani che portano i bambini in Italia, mentre praticamente mai contro quelli che portano i bambini fuori dall’Italia. Sia perché appunto “a monte” i tribunali stranieri hanno criminalizzato lo spostamento legale verso l’Italia (quindi l’Italia, la sua magistratura, segue pedissequamente gli ordini in arrivo dall’estero, senza verifica) e sia perché le querele contro i genitori che hanno portato i bambini fuori dall’Italia vengono invece sbrigativamente archiviate dalle nostre procure. Se sul piano civile gli spostamenti fuori dall’Italia vengono legalizzati è poi molto difficile tenere in piedi un procedimento penale, molto facile è il caso inverso. Così facendo si evitano anche litispendenze e confrontazioni con i tribunali stranieri.

C’è di più. Nei rari casi in cui il magistrato italiano procede penalmente contro il genitore straniero, autore della sottrazione, l’attuale massimo edittale – e conveniamo con Lei sulla necessità di innalzarlo oltre la soglia dei cinque anni – impedisce al giudice italiano di applicare la più restrittiva delle misure cautelari (la custodia in carcere): a cascata, ciò crea enormi difficoltà nell’emissione di un mandato d’arresto europeo. Se, infatti, la nostra legge di attuazione (la n. 69 del 2005) permette di accedere alla procedura dell’euromandato sia per la custodia cautelare in carcere che per gli arresti domiciliari, così non è per tutti gli Stati dell’Unione. Ne deriva che la sola misura cautelare applicabile all’attuale art. 574-bis c.p. sono gli arresti domiciliari, ma che per esso non dappertutto è possibile l’esecuzione mediante mandato d’arresto europeo. Altrimenti detto, lo Stato che non riconosce questa possibilità, è legittimato a rigettare la richiesta italiana di consegna, così garantendo una sostanziale impunità al reo.

A cosa porterebbe dunque la sostituzione dell’art. 574 bis con il 605 bis? A un aumento dei soprusi nei confronti di chi porta i bambini in Italia e comunque mai contro chi li porta all’estero.

C’è inoltre un elemento molto più preoccupante e l’impossibilità di ottenere (in ambito civile) anche un solo rimpatrio (cioè ancora meno dei già pochi) se si introducesse l’art. 605 bis.
I tribunali stranieri applicano infatti, come si accennava più sopra, le convenzioni alla lettera, cioè con uno spirito della legge molto diverso dal nostro. Andando a controllare negli archivi e tra le pubblicazioni annuali dell’ufficio dell’Aja per la cooperazione giudiziaria e in particolare della sezione che si occupa di sottrazioni, si nota come il tribunale civile straniero tenuto a giudicare se vada eseguito o meno il rimpatrio, utilizza spessissimo l’art. 13 e 13 b della Convenzione Aja 1980 per negare il rimpatrio. Il tribunale straniero si preoccupa del fatto che il bambino non subisca, con il rimpatrio, un pregiudizio. Fino ad oggi il genitore straniero doveva (spesso inventando) accusare quello italiano di essere un violento, per poter ottenere il diniego del rimpatrio. Con questo eventuale 605 bis invece non sarà più necessario, per il genitore straniero, dover mentire; basterà infatti che per es. la mamma che ha lasciato l’Italia con il figlio faccia presente al suo tribunale civile che, rimpatriando il bambino quest’ultimo perderà la mamma, perché se la mamma torna in Italia verrà incarcerata (si tratta inoltre di un reato procedibile d’ufficio, quindi a nulla servirà ritirare eventuali querele). In questo modo il pregiudizio nel quale il bambino incorre con il rimpatrio diventerebbe oggettivo, provato e non rimovibile. Il tribunale civile straniero non potrà dunque che legalizzare la sottrazione, privando così il genitore italiano di qualsiasi possibilità di poter sperare in un rimpatrio, mentre l’Italia (dopo pochi mesi) perderà anche la competenza territoriale di poter sentenziare sul caso.

Forse le hanno spiegato che con il 605bis si potrebbe anche ottenere l’emissione di un mandato d’arresto europeo per far arrestare ed estradare il genitore che ha lasciato l’Italia con il figlio. Niente di più falso. Se anche venisse emesso un mandato d’arresto europeo con richiesta di arresto ed estradizione verso l’Italia, questo non avverrà mai, perché molti paesi (e i loro codici di procedura) non prevedono l’estradizione per i propri concittadini. Inoltre praticamente tutti i paesi hanno la facoltà di non estradare il proprio concittadino se il reato di cui è accusato è stato compiuto, anche solo in parte, sul territorio del paese di cui è cittadino: questo è sempre il caso di una sottrazione che, iniziata in Italia, si conclude nel paese straniero, dando quindi la possibilità di negare l’estradizione.
Il meccanismo è semplice.
La decisione quadro sul mandato d’arresto europeo (la n. 584 del 2002) colloca tra le cause facoltative di rifiuto alla consegna del reo (all’art. 4) il fatto che costui sia cittadino del Paese richiesto. Ovviamente questo Stato deve garantire al richiedente che eseguirà la pena sul proprio territorio. Se, però, per i tribunali di quello Stato il fatto per cui si procede non è reato (per es. in Germania il codice penale prevede il reato di sottrazione solo quando un bambino è portato fuori dal territorio tedesco, dunque il genitore tedesco che sottrae il bambino italiano e lo porta in Germania non commette mai reato, esattamente all’opposto di quello che succede in Italia, dove portando un bambino dall’estero verso l’Italia si commette il reato di sottrazione internazionale!) – e, quindi, a carico del reo ci sarà un’archiviazione o una sentenza di proscioglimento – la pena non potrà essere eseguita, e l’impunità sarà garantita al reo.

Cambiare le “etichette” serve a poco. Collocare la sottrazione minorile dopo l’art. 605 c.p. è inutile, quando non dannoso, visto che depriverebbe l’illecito della fisionomia di reato contro la famiglia. La vera novità – e su questo, si ripete, si concorda – è innalzare i limiti edittali. Bene, quindi, il massimo collocato ad almeno cinque anni: oltre ai positivi effetti in punto di cooperazione con l’autorità straniera, esso permetterebbe di evitare, sul piano processuale interno, il meccanismo della citazione diretta a giudizio e, così, secondo le prassi di molti Tribunali, di affidare l’accusa in udienza ai VPO. Si favorirebbe, così, il dialogo con il Magistrato togato, peraltro passando per il filtro dell’udienza preliminare e così permettendo una migliore definizione dell’addebito.
E’ sufficiente, cioè, un art. 574-bis c.p. con massimo edittale fissato in almeno cinque anni, tenendo però presente il pregiudizio che il procedimento penale può portare in ambito civile e in fase di decisione del rimpatrio.

In sostanza non è introducendo l’articolo 605bis che si risolverà il problema delle sottrazioni, ma imparando ad agire come fanno quei paesi che trattengono ogni bambino sul proprio, legalizzando la sottrazione.
E’ necessaria una formazione ad hoc per gli avvocati, ma soprattutto è necessario che i nostri tribunali imparino a non mandare all’estero i bambini italiani che subiranno con ciò un irreparabile pregiudizio (perdita del genitore italiano), che vengano adeguatamente preparati (troppi giudici non sanno cosa siano i certificati ex RE 2201/2003 per il riconoscimento delle sentenze) e che reagiscano con la stessa velocità di quelli stranieri nei casi di sottrazione, emettendo per esempio in 2-3 giorni provvedimenti urgenti che certifichino l’illiceità del trasferimento, è necessario che lo Stato italiano si faccia carico delle spese legali del genitore italiano vittima di sottrazione (mentre allo Stato attuale accade il contrario, il contribuente italiano paga le spese legali del genitore straniero che viene in Italia a reclamare un bambino e questo indipendentemente dal suo reddito) e che si precisi che la sottrazione internazionale, possibilmente con aumento della pena, è per il codice italiano il reato commesso nel portare un bambino fuori dall’Italia (indipendentemente dalla sua residenza abituale, così come previsto dai codici degli altri Stati) e non viceversa come accade oggi.

Speriamo di essere stati sufficientemente chiari. E’ difficile concentrare in poche righe un argomento così vasto, ma restiamo volentieri a sua completa disposizione per ogni ulteriore approfondimento e in attesa di cortese riscontro.

Cordialmente
Dott.ssa M. Colombo
Avv. Francesco Trapella