martedì 25 luglio 2017

Le adozioni mascherate dei bambini italiani in Germania

In Germania è stato rubato l’ennesimo bambino italiano e dato in affido a una famiglia tedesca che non riesce ad avere figli. In Germania non si praticano le adozioni, ma sempre affidi sine die che oltretutto rendono un bel gruzzoletto.
Nonostante le esplicite richieste delle Istituzioni Italiane, lo Jugendamt & il giudice tedesco si rifiutano di restituire il bambino.
Gli unici che sembrano vergognosamente agire contro natura e contro il buon senso sono: l’impiegato di origine italiana dello Jugendamt tedesco che insiste nell’affermare che solo in Germania, privato dei suoi affetti e della sua identità, questo bambino avrà un futuro e … il nostro sottosegretario del Ministero degli esteri!

Pubblichiamo qui di seguito la risposta a quanto comunicato da detto segretario e la recente comunicazione del legale dei genitori.


Restiamo in attesa di riscontro, sperando sinceramente di esserci sbagliati e di venire a sapere che il Ministero si è davvero impegnato e ha fatto rientrare il piccolo in Italia.


La lettera: 
Spett.le
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

e p.c.
[...]


25.07.2017

Rif.:    Prot. n. [...]


Egr. Signori
Ci troviamo costretti e rispondere e precisare lo scritto in oggetto, in quanto unica Associazione che da anni assiste i genitori italiani in Germania spesso lasciati soli dalle Istituzioni italiane e perfettamente al corrente della vicenda del piccolo C.
Forti della conoscenza approfondita sia della legislatura, che della lingua e della prassi tedesca in ambito minorile, abbiamo visionato gli atti completi del caso e siamo in costante contatto con tutte le parti coinvolte (ad eccezione dei genitori affidatari).
Per questi motivi non possiamo esimerci dal rettificare le affermazioni per lo meno superficiali che leggiamo nello scritto in oggetto.

Innanzi tutto lo Jugendamt NON è un “Servizio tedesco per la protezione dei minori”, così come strutturato nei restanti paesi UE, bensì il genitore di stato tedesco, parte in causa, coinvolto in tutti i procedimenti familiari in Germania. In quanto parte in causa è pertanto autorizzato a mentire ex § 162 FamFG (Legge tedesca sui procedimenti familiari e di volontaria giurisdizione), funzione che lo rende decisamente “diverso” da un servizio di protezione dell’infanzia” così come da noi inteso.

Non sappiamo da dove provenga l’affermazione del Vs. scritto “L'istanza dello Jugendamt si fonda sulla convinzione, suffragata da apposite perizie psichiatriche, che il reinserimento nel nucleo famigliare comporti rischi per il benessere del piccolo”, ma non è sicuramente veritiera, in quanto non esiste perizia psichiatrica nel fascicolo, ma solo una raccolta di affermazioni di parte, redatta subito dopo la sottrazione, farcita di affermazioni riportate, come per esempio la critica mossa ai genitori per il loro comportamento durante le visite sorvegliate. Citiamo: “Avrebbe notato [ndr: il controllore] che negli incontri, i genitori tenevano sempre C. in braccio [ndr: neonato di pochi mesi]. Non hanno quasi mai optato per la possibilità di farlo giacere per terra, su una coperta [Ihr sei aufgefallen, dass die Eltern bei den Kontakten mit C. ihn ständig auf dem Arm gehalten hätten. Die Möglichkeit, ihn auf eine Decke auf den Fußboden zu legen, hätten sie kaum genutzt]. Sicuramente è unanime l’opinione che tale genere di scritti non è una perizia psichiatrica.

Rinunciamo per il momento a ripercorrere tutte le fasi della criminalizzazione costruita dei genitori per arrivare ai fatti più recenti, apparentemente tralasciati. Scrivete: “Lo stesso legale rappresentante della famiglia sentito dal Consolato sulla decisione del Tribunale di Stoccarda, ha scelto di non ricorrere in appello, in quanto ritiene che la sentenza sia dettagliata e ben argomentata, priva di ogni possibile eccezione di forma”.
L’avvocato non può aver fatto una simile affermazione per i seguenti evidenti motivi:
In un primo momento il tribunale ha restituito i diritti ai genitori sotto estorsione del loro consenso a che il bambino restasse presso la famiglia affidataria [ndr: in questa fase il legale era un altro, in realtà collaboratore dello Jugendamt e non l’attuale legale che è il nostro avvocato di fiducia]; in altre parole sono stati restituiti loro dei diritti a condizione che rinunciassero ad esercitarli [ndr: si chiama “volontariato obbligatorio”, molto in uso nei tribunali familiari tedeschi].
Poi a seguito del nostro intervento, informazione dei media, cambiamento del legale e collaborazione più stretta con il Consolato, il tribunale ha chiesto di verificare, tramite i servizi sociali internazionali, quale era il progetto dei Servizi sociali italiani, per assicurare a C. benessere e protezione, in vista di un’eventuale rientro di C. in famiglia, così come previsto, sia in Germania che in Italia, dalla normativa sull’affido temporaneo. I Servizi Sociali di N. hanno prontamente reagito e risposto non solo una volta, ma già due, disponendo tutte le indagini e le progettualità del caso, ribadendo la loro disponibilità a farsi carico di un bambino italiano, la cui famiglia, genitori e fratellino, e famiglia allargata, risiede in Italia.
A questa disponibilità da parte delle Istituzioni Italiane di N., lo Jugendamt, il genitore di stato tedesco, ha reagito comunicando al tribunale che le autorità italiane non sarebbero in grado di garantire a C. un sano sviluppo, qualità che sarebbe di totale prerogativa dello Jugendamt tedesco.
Il legale dei genitori, in accordo con gli stessi, con il Consolato ed anche con noi, ha già inviato risposta (qui allegata) nella quale si elencano tutte le violazioni e discriminazioni a cui verrebbero così sottoposti, non solo C. e i suoi genitori, ma le istituzioni italiane tutte. Quello che si sta qui realizzando è un’adozione mascherata da affido. I genitori affidatari non riescono ad avere figli e si sono impossessati, con il supporto di Jugendamt e tribunale, di un bambino che rende loro oltre 1.000 € al mese.
Questo caso, lungi dall’essere isolato, è la prassi tedesca.

Concludiamo evidenziando che sarebbe tempo che questo nostro bellissimo ed amatissimo Paese iniziasse a farsi rispettare e che tutelasse i propri concittadini. Solo con un intervento più che deciso di questo Ministero, il giudice tedesco disporrà il rientro del piccolo.

Restiamo a disposizione ed in attesa di Vs. celere riscontro

C.S.IN. Onlus
Sportello Jugendamt
Resp. Dott.ssa M. Colombo

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La comunicazione dell'avvocato dei genitori:

Alla Pretura di ... Tribunale familiare
Germania

Nella causa: C. [nome del minore e RG.]

Relativamente alla presa di posizione dello Jugendamt del 28.06.2017 rispondo con il seguente parere:

La pretesa di non voler ricondurre C. nella sua famiglia è ingiustificata, più esattamente sconcertante, e per nulla condivisibile.

Fondamentalmente un bambino appartiene ai suoi genitori. Ad ogni provvedimento dello Jugendamt, soprattutto nel collocamento di un bambino presso una famiglia affidataria, la finalità è comunque il ritorno del bambino nella sua famiglia di origine, presso i genitori naturali.

Le motivazioni contrarie addotte dallo Jugendamt non sono plausibili. Considerare solo il passato e metterlo in risalto corrisponde all’ammissione di non avere argomenti e della mancanza di volontà di mettere fine all’allontanamento di questo bambino dai suoi genitori italiani in favore dei genitori sostitutivi tedeschi.

Lo Jugendamt nasconde o dimentica volentieri che strappare C. dalla sua famiglia di origine [ndt: il bambino aveva 3 mesi, è stato impedito anche l’allattamento] ha rappresentato per il bambino un trauma che ha influenzato il suo sviluppo psicologico e che continua a farlo. Predicare la continuazione e il rafforzamento di questo peso psichico è irresponsabile anche alla luce del fatto che si è provveduto a che in futuro C. sia accudito e circondato di cure amorevoli e adeguate nella sua famiglia di origine.

C. crescerà e si farà delle domande circa la sua origine e la sua famiglia. Se lo Jugendamt dovesse riuscire a far valere la sua opinione, C. verrà comunque a sapere, al più tardi nel momento della pubertà, che i suoi genitori hanno lottato per lui, mentre le autorità e la famiglia affidataria hanno invece fatto di tutto per impedirne il ritorno presso la sua famiglia di origine. Questo rappresenterà per il ragazzino entrato in pubertà un trauma ancora più forte che lo destabilizzerà. Si può prevedere che rifiuterà allora la famiglia affidataria e si allontanerà da essa. In questo modo non si fa che mettere seriamente in pericolo il suo futuro.

Fa piacere apprendere che C. è stato accolto con amore nella famiglia affidataria. Sicuramente è positivo anche il fatto che C. abbia sviluppato una buona relazione con questa famiglia.

Ma che C. viva ormai da quasi un anno presso questa famiglia non rappresenta assolutamente la motivazione per impedire che torni nella sua famiglia di origine. Il diritto di vivere nella propria famiglia e di non venirne allontanato grazie a provvedimenti delle autorità è un diritto costituzionalmente garantito. Questo diritto coincide con quello dei suoi genitori naturali ed è presente, non solo nella Legge fondamentale, ma anche nella Convenzione europea per i diritti umani; ed ha la precedenza assoluta.

Il fatto che presto sarà un anno che C. viene trattenuto e che abbia sviluppato una relazione con la sua famiglia affidataria non è motivo sufficiente. C. ha una relazione anche con i suoi genitori.

Nei casi di sottrazione, nei quali un bambino viene strappato dalla famiglia ad opera di uno dei genitori, portato all’estero e con ciò allontanato, il passare del tempo e il fatto che vengano poi costruite delle relazione non sono motivi sufficienti per negare il rimpatrio del bambino.

Ci sono molte similitudini tra la sottrazione di un bambino ad opera dello Jugendamt e la sottrazione internazionale messa in atto da uno dei genitori: in entrambi i casi, i legami esistenti vengono spezzati e ricreati in altro luogo. Il passare del tempo non è motivo per sostituire i vecchi legami in favore dei nuovi: l’istanza di restituzione del minore può infatti essere presentata in un arco di tempo fino ad un anno, come previsto dal Regolamento europeo Bruxelles II bis, lo svolgimento del procedimento giuridico fino all’esecuzione forzata della decisione implica altro tempo, eppure un bambino, che nel frattempo è andato a scuola nel luogo in cui è stato condotto e lì ha sviluppato dei legami sociali, deve comunque essere rimpatriato nel suo paese di origine.

C. verrà accolto in Italia in una struttura protettiva che preparerà il suo graduale ritorno nella famiglia di origine, in ciò verrà accompagnato e sorvegliato. Secondo il parere di tutte le parti coinvolte, C. riceverà la necessaria protezione alla quale ogni bambino ha diritto. Pertanto non esiste la benché minima ragione per negare al bambino la sua famiglia e negare il bambino alla sua famiglia.

I genitori del bambino invocano esplicitamente il proprio diritto riconosciuto loro dalla Legge fondamentale e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che garantisce il rispetto della vita familiare, ex art. 6 della Legge fondamentale tedesca e ex art. 8 CEDU, che vengono rammentati di qui seguito:

Art. 8

Diritto al rispetto della vita privata e familiare.

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

La protezione di C. è garantita in Italia, nelle vicinanze della sua famiglia; la facoltà di intervenire nei diritti della famiglia G. – bambini e genitori – è terminata.

Si percepisce con estrema evidenza che lo Jugendamt non si fida delle autorità italiane e della loro capacità di supportare e proteggere C.. E’ anche evidente che lo Jugendamt si ritiene migliore delle istituzioni italiane di protezione dei minori. Questo è sicuramente un modo di vedere che sembra discriminante. Anche questo non è accettabile, nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali si legge:

Art. 14
Divieto di discriminazione.

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.

I genitori del bambino, a causa dell’atteggiamento dello Jugendamt, si sentono discriminati sulla base della loro nazionalità e identità.

Questo atteggiamento verrà considerato, non solo dalle autorità italiane, ma anche dall’opinione pubblica italiana, con sdegno e indignazione. Si rischia una fortissima reazione dei media.

In conclusione, è per il bene personale di C. e nel suo interesse superiore che egli venga riportato il prima possibile in Italia, in modo da godere lì dei provvedimenti di preparazione e accompagnamento dei Servizi Sociali, finalizzati al suo rientro in famiglia.

Avvocato
[nome qui omesso]

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